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Creed – Full Circle

2009 - Wind Up
alternative/rock/grunge

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Tracklist

1. Overcome
2. Bread of Shame
3. A Thousand Faces
4. Suddenly
5. Rain
6. Away in Silence
7. Fear
8. On My Sleeve
9. Full Circle
10. Time
11. Good Fight
12. The Song You Sing
13. Silent Teacher

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Ritornano sulle scene dopo la parentesi Alter Bridge (che comunque continueranno ad esistere stando alle dichiarazioni di Mark Tremonti) ed il disco solista del cantante Scott Stapp (“The Great Divide”) gli statunitensi Creed. Questo quarto album in studio è la reunion dopo lo scioglimento (o pausa di riflessione?) del 2004: sentiamo come suona!

Il disco comincia con il primo singolo estratto (Overcome): brano perfetto per anticipare l’album uscito a fine ottobre. Il riff è di quelli che non dimentichi facilmente, grazie anche alla mano riconoscibilissima di Tremonti (divenuto ormai a tutti gli effetti un guitar hero: ascoltate il solo!) che fa gemere la sua PRS; il refrain è allo stesso modo appiccicoso (vuole essere un complimento), soprattutto per la linea vocale: in questo lavoro Scott Stapp tira fuori un nuovo modo di cantare rispetto a quanto fatto in precedenza e svela due anime contrapposte che a me personalmente hanno ricordato James Hetfield da un lato (!) e Eddie Vedder dall’altro. Nei brani più robusti la voce ricorda il cantante dei Metallica soprattutto per le linee e per la pronuncia sguaiata, mentre dove serve più calore sembra di ascoltare davvero il frontman della band di Seattle.
Le chitarre, in primo piano anche sulla seconda traccia (Bread of shame) sono grosse e ricche di basse; anche qui il riff è spigoloso e funziona alla grande. Ad ascoltare questo pezzo in certi momenti mi sono venuti in mente gli Alice in Chains, forse per il cantato del ritornello.
A Thousand Faces si apre come una ballatona, con una chitarra acustica brillante che lascia spazio alla solid body nel ritornello, cantato da Stapp e Tremonti che dimostra anche di avere una bella voce. Si ritorna a territori più cari ai metallari in Suddenly, anche se la linea vocale dell’inciso è di una melodia unica! Nei bridge arriva quella somiglianza con Hammett descritta qualche riga più su.
Eccoci alla canzone numero cinque (Rain), che con Away in Silence è uno dei brani dove la voce è più “vedderiana” e suoni più morbidi, chitarre acustiche e aperture da veri maestri. Anche i testi di questi due pezzi sono più morbidi della media.
Con Fear si ritorna alla PRS di Tremonti che soffre e geme sotto un distortone come si deve: forse è il pezzo più Alter Bridge style del lotto. Diciamo che ad evitare l’effetto “doppione” ci ha pensato il signor Chris Lord Alge dal suo banco di missaggio lavorando sui suoni soprattutto di basso e batteria, lasciando uscire la personalità ed il sound caratteristici di Tremonti creandogli però un contorno diverso da quello che ha negli Alter Bridge.
On my Sleeve si apre con gli archi, che sono poi presenti in tutto il brano; una ballata davvero riuscita, con voce espressiva e chitarra sempre pronta a colpire.
La chitarra acustica apre anche la title track (Full Circle), pezzo che strizza l’occhio al country per certi versi, e che come i Creed ci hanno abituati ha delle aperture melodiche da brivido. La traccia successiva è una Time che nulla ha a che vedere con l’omonima targata Pink Floyd: una ballata dove ancora una volta Tremonti si cimenta con la chitarra acustica confermando il suo gusto melodico. Altro brano che si apre tranquillo è Good Fight che lascia invece spazio all’utilizzo di un crunch sul ritornello. Il riff portante della strofa è suonato da una chitarra con un pizzico di reverb e i toni bassi in evidenza a scaldare l’atmosfera. Anche qui c’è spazio per il Tremonti più cattivo, che verso la fine, dopo uno special metallico tira fuori un solo da manuale.
Chiude il cerchio The Song You Sing, brano che comincia con una acustica allegra e brillante e che diventa poi elettrica all’arrivo di un altro ritornello appiccicoso: sarà il prossimo singolone?

Un grande ritorno questo Full Circle: lavoro in cui la band dimostra di non aver perso l’identità ma nel quale allo stesso tempo si sente una crescita fatta soprattutto da scelte diverse (rispetto al passato) nel modo di cantare da parte di Scott Stapp e da un paying ancora più sicuro di Mark Tremonti. La batteria è fatta di pattern riconoscibili per chi ha fatto girare parecchio l’ultimo degli Alter Bridge (il batterista è lo stesso) ma i suoni più naturali fanno si che il paesaggio sonoro cambi e ci si trovi davanti qualcosa di diverso. Infine, il ritorno di Brian Marshall ha fatto si che le linee di basso siano da bassista e non da chitarrista (sugli altri album in studio il basso era affidato a Tremonti) e chi suona il basso capisce cosa intendo: sono più complete e calde e forse anche questo contribuisce al rinnovamento del sound della band. Finalmente una reunion che non delude!

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