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NASHVILLE PUSSY + Thee Stp – Koko Club, Castelletto Cervo (BI), 20 febbraio 2010

I Nashville Pussy da Atlanta (il nome deriva dal testo di una canzone di Ted Nugent), sono ormai on the road da quindici anni e grazie soprattutto ai loro show hanno assunto lo status di vera e propria istituzione nel campo del rock più viscerale e sguaiato, rappresentando in maniera quasi totalitaria il sex,drugs and rock’n’roll lifestyle.

Certo con gli anni, alcuni ingredienti sono andati scemando. La componente “pussy” non fa più scalpore come ad inizio carriera e forse si è dispersa del tutto con la dipartita della prima bassista Corey Parks. Inoltre la loro musica si è spostata più sul versante del southern rock, abbandonando la carica punk degli esordi.

Questa serata al Koko club di Castelletto Cervo (BI), promette comunque adrenalina e sudore, il pubblico, non certo da tutto esaurito, ma partecipe e presente, sembra gradire questa unica data italiana di questo tour.

A dare inizio alla serata ci pensano i milanesi THEE STP con il loro punk-rock’n’oll molto seventies che non disdegna qualche incursione nello street glam americano. La band del buon IlMetius non fa che confermare quanto di buono si era sentito nel loro ultimo disco Paradise & saints. Quaranta minuti di set per salutare il loro chitarrista arrivato al suo ultimo concerto.

Snakes eyes dal primissimo disco “Let me eat pussy” apre nel migliore dei modi la serata dei Nashville Pussy che si lanciano in un terzetto di vecchie canzoni (Shoot first and run like hell e High as hell le altre) tanto per rinverdire il passato. Da subito si capisce che tutta l’attenzione è catalizzata da Ruyter Suys, la bionda chitarrista, seni al vento, incarna lo spirito del miglior Angus Young e tra piroette, guizzi e rotolate a terra, non manca di dare spettacolo e provocare, assistita dal compagno di vita e cantante Blaine Cartwright.

Blayne, che nel pomeriggio ha dovuto subire l’estrazione di un dente, lascia volentieri la scena alla moglie e beato tra le donne, alla sua destra la mora bassista Karen Cuda, svolge il suo compito presentandosi con il suo classico look da camionista americano, cappellaccio in testa, pancia da “sano” bevitore e voce roca e sgraziata. Relegato dietro alla sua batteria il buon Jeremy Thompson è composto e preciso, nonostante i chili messi sù con il tempo.

Dopo il tiro iniziale, il concerto si sposta notevolmente sugli ultimi due album della band “Get Some” e “From hell to Texas” saccheggiati notevolmente. I Nashville Pussy incarnano certi stereotipi dell’hard rock americano più scollacciato e volgare, ma lo sanno fare notevolmente bene. Camionisti, genitali mascili e femminili e Jack Daniels sono di casa in tutte le canzoni e titoli come Struttin cock, Pieces of ass, Drunk Drivin’ man e Go motherfucker go non hanno bisogno di traduzione.

Il loro intento di divertire e riportare il rock a quell’istinto iniziale che lo fece nascere, è pienamente riuscito. Dopo un’ora e mezza di rock suonato in modo grezzo e diretto, si concedono ai bis lasciando il bubblico sulle note di Goin’ down e con la bionda Ruyter disponibilissima a firmare autografi a fine concerto.

Show che ha sodisfatto loro, che sperano di tornare in Italia questa estate e il pubblico che stasera è venuto al koko sapendo cosa trovare e contento di averlo ricevuto.

Intanto l’orologio segna:1 e 30 e a casa c’è qualcuno che va a dormire dopo l’ultima serata di Sanremo. Rock’n’ roll hoochie coo.

a cura di Enzo Curelli

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