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Zidima – Cobardes

2010 - Autoprodotto/Mousemen
noise/alternative/rock

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Tracklist

1. Flipp3r
2. Milanoise
3. Diaz
4. A testa in giù
5. Ci accontentiamo
6. Catrame
7. Elenoire
8. Contatti

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Tonnellate di distorsione per ilmilanoise di questi Zidima. Sarà che i gruppi italiani degli anni zero sono cresciuti a pane e Marlene Kuntz (o CCCP/CSI, Afterhours, Litfiba, primi Verdena), e che anche gli Zidima non fanno eccezione. Sarà che tutti i gruppi citati sono stati talmente geniali da rendere interessanti persino i lavori d’imitazione più palese e che il sottoscritto gradisce e gradirà sempre chi si ispira a questi.

C’è una verità non detta dietro a tutto ciò, che rischia di passare se non si specificano alcune cose. Gli Zidima, soprattutto la voce di Manuel Cristiano Rastaldi, suonano terribilmente identici ai primi dischi di Cristiano Godano e soci. Per questo c’è chi potrebbe gridare alla scarsità di originalità, al copia e incolla. Ma come si dice, chi se ne fotte. “Cobardes” è tutto sommato un ottimo disco. Come si era già sentito in Italia solo poche volte, magari con i ferraresi Devocka e qualcun altro, negli ultimi tempi.Il disco esplode con una potenziale hit da “alternative radio station” conFlipp3r, primo brano subito pronto a divampare con la sua carica profondamente grunge (l’eredità del fenomeno post-Seattle invasion non risparmia nessuno), poi con la già citata MilanoiseDiaz, completando il primo trittico di brani con il martellare incessante di una batteria precisa e che mai esagera, rimanendo nei canoni del q.b. per non spaventare nessuno. La voce rimane troppo simile a Cristiano per parlare di novità o particolari caratteristiche canore, però i testi hanno il loro perché, utilizzando un lessico confacente al genere, e passando anche per l’impegno politico di Diaz che rievoca brutti ricordi della storia recente di questa triste Italia. “Solo un altro colpo”. Le derive noise che la band ci tiene a precisare sono quantomai evidenti, nei brani già citati ma poi ulteriormente in A Testa In GiùCi Accontentiamo, pezzi dotati di una struttura per nulla banale, e un’atmosfera resa tiepida dalla presenza di fuzz ed overdrive che rievocano le vecchie sperimentazioni di My Bloody Valentine, Sonic Youth e i primi scienziati dello shoegaze e del post-rock. Ancora più MK in Catrame, dove le linee di basso, meritevoli di nota non solo in questo pezzo, scandiscono il ritmo della canzone che esplode a più riprese in momenti di grande potenza sottolineati dalle liriche: “adagio catrame sopra il tuo petto”. I segmenti più melodici del disco si trovano in fondo, prima Elenoire, ricettacolo di tutto l’insieme di influenze post-grunge, che si sentono relativamente poco nel resto del disco, ma che qui sono quantomai evidenti. “Li puoi valutare gli squarci, tesoro?” Questa la frase-simbolo dell’ultimo brano, Contatti, canzone in continuo crescendo dal testo discretamente emo (in realtà oltremodo fico), che decreta il punto artistico più alto del disco.

Ma chi l’ha detto che somigliare ai “grandi nomi” degli Italian nineties significa per forza copiare? Con tutto quello che hanno avuto da dire poi. Questo disco, proprio come la sorpresa del 2009, Perché Sorridere, dei Devocka, è una reale e pregevole dimostrazione di come in Italia fare alternative si possa ancora. Senza essere accusati di plagio, di anacronismo, di forzature. Alla fine dei conti il disco fila liscio, si assesta su quel tipo di canale che piacerà senz’altro ai fan dei gruppi citati sopra. Senza sé e senza ma.

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