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Happy Family, di Gabriele Salvatores


Scheda

Titolo originale: Id.
Nazione: Italia – 2010.
Soggetto: Tratto dall’omonima commedia di Alessandro Genovesi prodotta dal Teatro dell'Elfo di Milano
Regia: Gabriele Salvatores
Genere: Commedia
Durata: 90 min.
Interpreti: Margherita Buy, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Fabio De Luigi, Carla Signoris, Valeria Bilello, Sandra Milo, Gianmaria Biancuzzi, Alice Croci.
Produzione: Coloradofilm Production, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution.
Nelle sale dal: 26 Marzo 2010.
Voto: 6

La vita dei componenti di due famiglie Milanesi, l’una borghese e l’altra decisamente naif, con tanto di figli sedicenni desiderosi di sposarsi, si intreccia con quella di Ezio, uno sceneggiatore di film che vuole raccontarne la storia.

Salvatores torna alla commedia, in tal caso di ambiente, e si dimentica quel che di buono aveva saputo fare nel suo ultimo film: “Come Dio Comanda”. Il regista Milanese cambia completamente genere passando dalla trama densa di pathos e odio razziale, date dal volto teso di Filippo Timi e dal romanzo di Ammaniti, arrivando alla leggerezza di uno sceneggiatore improvvisato, interpretato da De Luigi, che nella vacuità della sua esistenza pensa bene di partorire una trama per un possibile film. Un film che possa essere l’antidoto alle sue paure e anche alle paure di tutti coloro che si troveranno in sala a vederlo. L’antidoto giusto per scacciare con un sorriso malinconico e amaro le sue idiosincrasie verso il mondo. Il tocco degno del Woody Allen della “Rosa Purpurea del Cairo” vede Ezio interagire con i personaggi della propria narrazione, in un andirivieni fra lo schermo del PC portatile, posto nella sala del loft nel quale lo stesso Ezio vive, e il suo dialogo con gli attori feticcio dello stesso Salvatores; da Abatantuono, nel ruolo di un genitore hippy; a Bentivoglio, nel ruolo di un avvocato di successo ma con gravi problemi di salute, senza dimenticarsi di Ugo Conti, autore di un divertente cameo con veloce botta e risposta proprio con lo stesso De Luigi.

Nel complesso quest’ultimo sforzo del regista di “Mediterraneo” è un vero inno al cinema, con continui riferimenti e richiami a pellicole appartenenti a generi differenti. Dal già citato Allen della rosa purpurea, o di “Io e Annie”, a “I Soliti Sospetti” di Singer, passando al Fellini di “8 e ½”. Un film sul cinema che di cinema, e di meta-narrazione, si ciba senza però approfondire a sufficienza alcune tematiche, lasciandone aperte altre a causa delle miriadi di chiavi di lettura presenti e, volontariamente, non toccate.

a cura di Ciro Andreotti


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