Le voci e gli indizi erano nell’aria già da tempo. La precedente produzione del loro ultimo e fortunato “Attack & release” da parte del bizzarro Danger Mouse (qui presente alla consolle in una sola traccia,la quasi danzereccia Tighten up), lo stupendo disco solista del barbuto Dan Auerbach, il folle progetto Blackroc, tentativo di unire blues e hip hop e non ultimo, la scelta dello studio di registrazione di questo nuovo lavoro, il leggendario Muscle Shoals, in Alabama, tempio della soul music. Insomma tutti segnali da cogliere.
La voglia di cambiamento da parte del duo formato da Dan Auerbach e Patrick Carney c’era e puntualmente è arrivata con questo Brothers, sesto lungo album, composto da quindici canzoni che si colorano di soul e black, lasciando per ora, in un angolo il grezzo blues garage del passato.
Il suono vintage delle tastiere è presente su più tracce e la rivisatione del classico Never gonna give you up di Terry Butler serva ad esempio del nuovo corso.
Veramente pochi gli assalti blues all’arma bianca, a cui ci avevano abituato, se si escludono alcuni episodi come She’s long gone e Next to you. La maturità ha portato il duo verso lidi musicali meno viscerali e immediati, le canzoni assumono più sfumature e dettagli che fanno dell’ecletticità la loro forza, il soul nero e il funk fanno la loro comparsa, la voce di Auerbach passa dal falsetto dell’inizialeEverlasting light al timbro black della seguente Next girl, accompagnata da un divertentissimo video-clip scherzo. Le chitarre sono più dilatate e psichedeliche come nella breve strumentale Black mud, le tastiere come nella corale The only one e gli effetti elettronici della viziosissima Howlin’ for you sono presenti e aggiungono profondità al suono dei Black Keys.
Insomma, con un piede nelle sabbie mobili del Delta del Mississippi ed un altro che sembra allungarsi verso il soul del periodo Motown/Stax. Disco che ad un primo ascolto può spiazzare ma che alla lunga si lascia scoprire totalmente emanando un fascino vizioso e contagioso. Promuovo totalmente questo cambiamento, che mi sembra onesto e consapevole, dettato dalla raggiunta maturità e voglia di esplorare nuovi suoni e campi musicali.