Samuel Katarro è uno strano tipo. Ha 25 anni e suona la chitarra acustica. The Halfduck Mystery è il suo secondo album. Se i Creedence Clearwater Revival e i Pere Ubu avesero fatto un unico figlio, ingravidandosi vicendevolmente, sono certo che la creatura raccapricciante che ne verrebbe fuori sarebbe Samuel Katarro.
Ovviamente appena uno legge il suo nome d’arte crede, con un mezzo sorrisetto sulla faccia, di stare per ascoltare “Sono un gran teppista, c’ho in testa la conquista” oppure “i gelati sono buoni, ma costano milioni”, invece l’album di Samuel Katarro suona come un enorme dito medio, rivolto probabilmente alla fantomatica “nuova scena cantautoriale italiana”, che cerca di andare avanti a canzonette, cercando disperatamente di ricordare i motivi degli anni ’60. Katarro invece no, prende una cartina, ci mette una bella manciata di vecchie glorie e vecchi stili, li unisce a un po’ di presente e un po’ di futuro, e si fuma tutto in un angolino, da solo, dato che si tratta di un album praticamente incomprensibile, cantato (e suonato, se è possibile) completamente in inglese, e scandito da grottesche lezioni per imparare quest’ultimo.
Samuel Katarro, un giorno riusciremo a capirti, per adesso mi fai dormire male.