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Oceansize – Self Preserved While the Bodies Float Up

2010 - Superball Music
Progressive Rock / Post-rock

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Tracklist

1. Part Cardiac
2. SuperImposer
3. Build Us A Rocket Then...
4. Oscar Acceptance Speech
5. Ransoms
6. A Penny's Weight
7. Silent/Transparent
8. It's My Tail And I'll Chase It If I Want To
9. Pine
10. SuperImposter
11. Cloak (only on special edition)

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Il quintetto di Manchester torna all’attacco col suo quarto long-playing, dopo averci sottoposto un assaggio di brani intimisti con l’EP “Home and Minor” l’anno passato. Cosa è cambiato da “Frames”? Avranno saputo rinnovarsi? E, nel caso, a che prezzo?

L’apertura del disco è sicuramente una bomba esplosiva: i primi tre pezzi sono una colata di lava con una dinamica brillante che evolve di brano in brano, prima col simil-doom di “Part cardiac”, poi con l’incisivo hard-rock su ritmo irregolare di batteria di “Superimposer”, e infine con la furia punk-progressive di “Build us a rocket then”, che costituisce il climax rabbioso del disco. Questi tre brani sono condotti da soluzioni ritmiche talmente interessanti da costringermi a tornare al primo disco degli Egg (1970) per ricordare qualcosa di altrettanto innovativamente ossessivo.

Tale trittico, tematicamente unitario, è nobilitato peraltro da liriche fantasiose a cura del cantante Mike Vennart: immaginifiche, cupe e apocalittiche, ricordano quelle di Peter Hammill dei Van der Graaf Generator, con un taglio meno superomistico – la riflessione sul sé e sugli altri pare infatti più improntata a uno stupore attonito, a tratti sconsolatamente rabbioso.

Il disco passa poi a una fase più riflessiva: si tratta di un quartetto che comincia con “Oscar acceptance speech”, che con il suo andamento in costante crescendo, emotiva ed emozionante, apre in un certo senso un orizzonte che si oppone allo spazio claustrofobico creato dai primi brani. “Ransoms” è una passabile reinterpretazione del dream-pop alla Cocteau Twins (circa “Four-calendar cafè”); ma spicca soprattutto “A Penny’s Weight”, quasi un brano canterburiano, nobilitato dal controcanto femminile di Claire Lemmon; e chiude “Silent/Transparent”, dal sapore di ballata dei King Crimson anni ’90, in cui la batteria di Mark Heron è memore delle ultime lezioni di Lee Harris con i Talk Talk (in particolare si ascolti la loro “Ascension Day” da “Laughing Stock”) prima di lanciarsi in un caratteristico crescendo epico. La costruzione di questi brani è estremamente liquida, come se il luogo in cui fuggire fosse non il mondo aperto ma un lago sotterraneo, dalla volta immensa che non è quella celeste ma quella chiusa e protetta di una grotta, forse l’unico rifugio da un mondo opprimente e squilibrato (“Rows of empty houses now there’s no leader or piper for anyone to follow”, canta Vennart in “Oscar acceptance speech”).

A questo punto l’andamento schizoide dell’apertura ha una ripresa con l’indiavolata “It’s my tail and I’ll chase it if I want to”, che sarebbe stata una degna conclusione del disco. Che purtroppo, però, continua.

Già il finale di “Oscar acceptance speech” è tollerabile solo da chi non pensa che “Music for Airports” di Eno sia stato solo uno spreco di vinile e di tempo; ma la scelta di allungare il disco con versioni in tono minore delle piccole gemme di “Home and Minor” squilibra la struttura dell’album in favore del letargico e rende arduo concludere l’ascolto senza uno sbadiglio.

Nel complesso si tratta comunque di un disco riuscito e che merita un ascolto attento e prolungato: i riferimenti musicali degli Oceansize emergano forse più chiaramente che nel più personale (ma anche più monolitico) “Frames”, ma questo è dovuto al tentativo ammirevole di espandere il proprio suono in diverse direzioni talora contrastanti.

Questa espansione sonica ha il limite di essere perseguita in maniera troppo rigida: l’opera nel suo complesso è varia eppure coerente, ma la gamma delle emozioni proposte risulta limitata all’interno di un singolo brano. Solo il tempo potrà dirci se questa espansione rappresenti il confine estremo delle possibilità degli Oceansize, o se il quintetto sarà in grado di intrecciare le nuove influenze in un percorso artistico ancora più compiuto e innovativo.

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