Un po’ di tempo passato dal primo album omonimo. E un po’ meno da quel Myth Takes con cui, volenti o no, i nostri devono ora confrontarsi. È noioso e riduttivo vedere molte recensioni su questa nuova opera aprirsi sottolineando subito la necessità di un paragone con quel LP che conteneva Hearts of Hearts , e Yadnus. Ma è naturale.
Parliamo di oggi.
E possiamo pensare che i Chk Chk Chk siano ancora interessanti. Che riescano ancora a costruire intelligentemente e con quella giusta dose di ironia e espressività canzoni che possano comunicare un bisogno o un emozione. Ma il filtro si è ostruito. Ci siamo abituati a certi colori. E la luce ci arriva non tanto più opaca. Ma un po’ più indifferente.
Eppure è strano come composizioni come AM\FM, The Most Certain Sure, e Wannagain riescano ad intrigare grazie al loro miscuglio di Daft Punk, new wave alla Devo, e certa psichedelica mainstream di facile consumo. Ed è bizzarro che possiamo dire di gustare la centrifuga pneumatica e sincopata di loop, parti ambient, toasting e ritmiche sfrenate. Per poi ritrovarci con un affresco da cui i colori scivolano via velocemente nascondendosi dietro la parete.
Non è che manca la bomba. Il singolo commerciale. Non mi interesserebbe parlarne comunque. È vedere la danza cromatica e nevrotica dei californiani lasciare il passo ad un’infiltrazione plastica. Ad un’atmosfera sottotono.
Ciò non toglie che Strange Weather sia un buon album. Curato e scrupoloso nella sua zelante e ossessiva pluralità di spunti.