Più passano gli anni, più i Social Distortion diventano un faro guida per le nuove generazioni rock americane e il recente botto di un gruppo come i Gaslight Anthem ne è la testimonianza più fulgida. Con Hard times and Nursery Rhymes, la creatura di Mike Ness, ormai leggenda del punk-rock americano, si spinge ancor più in territori sempre più legati alla musica tradizionale americana, senza snaturare la propria coerenza ed attitudine.
Un disco che manca alla discografia della band californiana dal 2004, anno di uscita del loro ultimo disco “Sex, love and rock’n’roll” , allora dedicato all’amico e compagno Dennis Danell(deceduto nel 2000), mantenendo fede alla scarsa ed oculata prolificità discografia, ampliamente controbilanciata dall’attività live sempre galoppante e dalle puntate soliste di Ness. Proprio dal folk-roots dei dischi solisti di Ness, si potrebbe partire per parlare della nuova uscita.
La vena punk e rock’n’roll, mai come adesso, sembra invischiarsi nei meandri della tradizione americana, i cori gospel delle voci femminili presenti in Can’t take with you, dove energia e pianoforte riportano alla mente il polveroso southern rock degli anni settanta, così come in California(Hustle and flow) con le stesse caratteristiche e lo spettro dei migliori Black Crowes e degli Stones in esilio.
Alone and Forsaken di Hank Williams, unica cover del disco, viene riletta e rivalutata con estrema devozione, dando fuoco alle parole come farebbero degli alunni ricordando con rispetto un maestro mai dimenticato e la lunga Bakersfield con le sue chitarre potrebbe portare alla mente i paesaggi di un giovane Neil Young.
Fermandosi qui potrebbe essere un disco per nostalgici, ma l’energia di pezzi come l’iniziale e strumentale Road Zombie, il singolo Machine gun blues e la finale Still Alive bilanciano le sorti di un disco che puzza di benzina ed asfalto, gangsters anni ’30, polvere e sogni come tutti i dischi della loro discografia.
I Social Distortion hanno rilasciato il disco che incarna in maniera più fedele il carattere di Ness, un “loser con le palle” sempre in bilico tra ribellione e quel “american dream” che qualcuno come lui osa ancora perseguire come filosofia di vita.