Per dare un’idea di quanto siano bizzarri e geniali i francesi Gablè basta soffermarsi per qualche secondo sulla curiosa (e bellissima) immagine di copertina oppure, se si ha un po’ più di tempo, dare un’occhiata al loro sito internet personale, ricco di bizzarri spunti artistici (http://gable1.free.fr: fatelo ne vale la pena, anche se non avete dimestichezza con la lingua francese).
Pionieri della scena art-pop francese e veri e propri “animali da palco”, i Gablè riversano la propria arte attraverso le onde sonore nell’unico che conoscono: abbattendo qualsiasi barriera tra generi musicali.
Melodie zuccherose, reminescenze dark, bizzarrie punk, destrutturazioni elettroniche: tutto mischiato insieme senza filtri, né remore. Cosa ne può uscire fuori? Un album geniale, azzeccata alchimia di non-canzoni suonate con strumenti bizzarri (e non-strumenti canonici). Pazzi, anarchici e pure maledetti questi Gablè.
D’altronde non è da tutti riuscire a far smuovere i culi suonando (nell’ordine): pianoforte giocattolo, accordatore, banjo, timpani, violoncello, e nonostante tutto riuscire a dare un senso a tutto ciò, senza che il rumore selvaggio divori tutto il resto.
Se aggiungiamo a tutto questo una straordinaria capacità di ribaltare i canoni sonori sul palco (si narra di esibizioni live con tanto di “effetti speciali”, lavatrici, scatole di legno e un folto coro di bambini) si hanno le coordinate esatte per identificare la dimensione sonora, fuori da qualsiasi schema, su cui viaggia questo innovativo combo francese. “CuTe HoRse CuT” è una manciata di destructive-folk songs, ovvero: la fantasia al potere.