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The Pepi Band – Panic

2010 - Autoproduzione
noise/post/rock

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Tracklist

1. Personal Pepi
2. 5%
3. Pretty
4. I Like Fasolino
5. Sicily
6. Sbacanta
7. Helen
8. Andrea
9. Bipede
10. Eyes

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Quanto distano Chicago e Washington Dc da Siracusa? Nei cuori e nelle teste di Enzo Pepi e soci sicuramente poco.
É infatti la migliore tradizione post rock delle band di Lousville, unita alle abrasioni di scuola Dischord, la motivazione ad agire dei cinque siciliani. Che vengono da esperienze importanti (Pepi e il batterista Marco Caruso dai noisers Twig Infection), e non sono certo di primo pelo.

Questo è un discone, mettiamolo subito bene in chiaro. Suonato da gente che sa il fatto suo, che ha presente come va trattato un certo tipo di rock indipendente di matrice americana, dalle ambizioni arty e belligeranti quel tanto che basta.
“Personal Pepi”
è da subito una dichiarazione d’intenti, con la destrutturazione furiosa dei Fugazi – di per sé già destrutturati – di “Steady Diet Of Nothing”, strappi e squarci dissonanti urlati come se non ci fosse più neante altro da dire.
“5%” vira invece dalle parti della già citata Chicago, spettri June Of 44 inghiottiti da luci troppo efebiche per essere reali.
La perla del disco è “I Like Fasolino”: 9 minuti di tanta morfina usata per alleviare quel dolore che non se ne va, quella malinconia che no, non è dolce, da solo fastidio, fa solo male. E quando pensi che gli arpeggi incrociati delle chitarre la stiano portando via, ecco il basso, ecco la batteria che entra a braccetto col jazz, per un finale di una dolcezza così storta che ti fa venire i brividi in testa, gli occhi lucidi. Saranno un paio d’anni che dovevo sentire un pezzo così.

Mi fermo qui, sennò sembra troppo da fan. Il resto è blues come lo farebbero i Don Caballero (“Sbacanta”, “Bipede”), dissolvenze Califone (“Eyes”), per chiudere con la traccia nascosta (che fa tanto anni 90), lucido incubo dagli accenti noise rock e dall’andamento spietatamente kraut.
Che dire, per adesso disco italiano (?) dell’anno.

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