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The Doormen – The Doormen

2011 - Autoproduzione
post/punk

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Tracklist

1.Italy
2.Modern Depression
3.New Season
4.I'm Fool
5.24
6.Goodnight
7.Now I'm Here
8.Here Comes That Bitch
9.You Can't Stop Home
10.Impossible Love
11.Wow
12.More Time

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Ora che sono passati un po’ di anni dalla sua nascita, si può analizzare la scena post punk inglese dei primi anni 2000 con un certo distacco, per valutare ciò che di buono ha consegnato ai posteri e quello che di effimero ha invece lasciato dietro di sé. Bisogna dire, quindi, che non è poi stato tutto oro ciò che inizialmente sembrava luccicare: a parte un formidabile disco d’esordio degli Interpol (perdutisi progressivamente di album in album) e i primi due buoni lavori degli Editors, il resto si è rivelato abbastanza trascurabile, non ultimi la nuova sensazione White Lies.

Faccio questo breve preambolo poiché le sonorità contenute nell’esordio dei nostrani The Doormen si rifanno in maniera piuttosto sfacciata ai gruppi sopra citati, e di conseguenza ai numi tutelari di tutta quella genie di band: mi riferisco ovviamente ai Joy Division.
Detto questo, potrebbe sembrare che il disco in questione sia, per i motivi spiegati sopra, non degno di nota; non è affatto così, in virtù di una serie di ragioni che andrò brevemente a spiegare.
Innanzitutto, il tiro dei ragazzi è di quelli giusti; ottime le dinamiche e l’impatto, così come convince la produzione dell’album (affidata alle sapienti mani di Paolo Mauri).
Secondo, The Doormen possiede, negli episodi più tirati (che non sono pochi) un taglio sarcastico e diretto che lo fa stare in mezzo a quelle cose spigolose degne dei P.I.L meno “off” e maggiormente memori delle preziose lezioni londinesi del settantasette (che anch’essi contribuirono peraltro ad impartire, visto che il cantante non c’è bisogno che vi dica chi era).
Infine, quando il gruppo prova a staccarsi dalle coordinate stilistiche descritte all’inizio, il risultato si lascia apprezzare, come nella dolce e sinuosa Impossible Love, glam e noir come potevano esserlo i migliori Suede, o come nell’epicità rabbiosa della conclusiva More Time.

Un buon esordio quindi, per un disco sì di genere, ma che lascia anche intravedere dei possibili, gustosi sviluppi. Staremo a vedere.

 

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