Alcuni dischi fermano il tempo, devastano ogni sicura dimensione spazio-temporale, riportano indietro, piantano le tende con abusiva prepotenza nel non-luogo per eccellenza che è la memoria, disarmano ogni controllo razionale dell’apparato cardio-circolatorio e rimettono in moto tutto un sistema di emozioni che la musica, da molti anni a questa parte, non sembra più in grado di attivare.
“Distal” dei Crash Of Rinhos è tutto questo, è un disco senza tempo, senza polvere e senza moda. Lo suonano cinque inglesi, che sono un po’ americani, sono un po’ italiani e sono un po’ anche tutti noi. Sono una carrozza trainata da rinoceronti che ti porta via, anche a e ben oltre la mezzanotte, in un luogo che non è poi tanto favoloso o fantastico, ma almeno è bello, reale e sincero, dove non ci sono i ragazzetti che fregano i trucchi alle madri, piangono perchè ridere è demodè e praticano senza remore un surrogato zombieforme del libero amore sessantottino.
Viene forse da chiedersi com’è che, a un buon decennio di distanza, ci sia ancora bisogno di ascoltare, apprezzare, amare e adorare un disco di vero emocore mentre i computer sono pieni di dischi senza cuore e senza storia, mentre il mondo va a puttane e mentre i Get Up Kids sferrano il colpo di grazia pubblicando un disco di merda. La domanda è lecita e la risposta è ancora più facile.
Ci hanno fregato tutto e “Distal” è il tentativo, il primo di una lunga ottimistica serie, di riprendere da dove ci si era interrotti, con le braccia aperte, le mani a fare le corna alzate e una decina di amici da abbracciare e con cui cantare canzoni bellissime come fossero gli inni di una generazione che ci hanno rubato.
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