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OMAR PEDRINI – Palazzo Granaio, Settimo Milanese (MI), 13 maggio 2011

Sono circa le 23.30 e il pubblico, che da almeno un’ora riscalda Palazzo Granaio, inizia a stringersi sempre di più verso il palco preparato ad hoc per l’evento: Omar Pedrini live in acustico. Ad aprire lo show due band acustiche perfettamente in linea con la serata: i Neravirtù e i Duebarratre.

L’atmosfera è calda ed il pubblico, più che un insieme casuale di persone, sembra invece essere una grande famiglia che si ritrova, come nelle grandi occasioni, per rivedere e sostenere il cantautore che più ha inciso nella loro vita. Il Palazzo Granaio è in fermento per questa serata acustica, in cui Pedrini farà uscire il lato più intimo della sua musica e delle sue canzoni.
I minuti passano, le luci calano ed ecco salire sul palco Maurizio Strappazzon, il chitarrista, seguito da  Omar Pedrini. Parte subito l’applauso che dà il via a quella che sarà un live emozionante, mosso dalle onde dei ricordi e dalla voce dell’ex leader dei Timoria.
Il concerto si apre con un omaggio rivolto a Bob Marley, di cui quest’anno ricorrono i trent’anni dalla scomparsa, e a Daniele Novelli, un carissimo amico del cantautore a cui è dedicata la prima canzone della serata: “Redemption Song”. Questo è solo l’inizio di un lungo ed intenso live che ripropone successi storici dei Timoria, band in cui Omar ha militato per tanti anni, e rivisitazioni di canzoni che hanno segnato la storia musicale, tra queste “Wish You Were Here” dei Pink Floyd e “Harvest” di Neil Young. Sembra che per lui questo concerto acustico non sia solo un modo per rappresentare i pezzi più famosi, che hanno quasi certamente ispirato la sua carriera ed emozionato chi quei dischi li possedeva, ma anche per far scorrere sul manico della sua chitarra parte della discografia mondiale. Non si assiste ad una semplice e scarna esecuzione, ma al racconto di una storia che si è completata con le sette note.
L’interpretazione è ottima, precisa e incredibilmente emotiva, al punto tale che non è difficile scorgere occhi lucidi fra il pubblico. In poco più di un’ora Pedrini racconta vent’anni di musica, della sua musica, e insieme a lui lo fanno anche le persone che sono venute ad ascoltarlo che, senza imbarazzo, cantano senza sosta ogni singola parola rendendo questo live una vera e proprio esecuzione corale.
Sembra di tornare indietro nel tempo, quando al posto di Facebook c’erano una chitarra, pochi accordi e una crew di amici pronti ad improvvisare. Questa sera, al posto di Facebook, c’è Pedrini che incanta, coinvolge e guida il pubblico in un viaggio musicale, a tratti mistico, fatto di “Sole Spento”, “Sangue Impazzito”, il migliore per interpretazione, “Lavoro Inutile”, “Viaggio senza vento” e “Verso Oriente”, giusto per fare qualche esempio.

Il tempo, sospeso dalla musica, scorre e si giunge al termine. Il live finisce, ma l’incanto rimane e sono certo che, per chi come me ha assistito e vissuto a questo concerto, sarà dura dimenticare e smettere si sognare.
Quella di questa sera è stata una tappa importante, una sorta di “sole dopo la tempesta” che, dopo anni di silenzio, ha definitivamente riscoperto e riconsacrato l’artista Omar Pedrini.

a cura di Mairo Cinquetti e Francesca

 

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