I “poveri cristi” italiani sono i protagonisti del nuovo album di Dario Brunori, intitolato “Volume 2: Poveri cristi” ed uscito il 17 giugno per Picicca Dischi.
Brunori ci consegna storie di gente comune alle prese con problemi comuni, di disperati che non riescono a sbarcare il lunario e lo fa alla maniera di un Rino Gaetano degli anni zero, forse anche troppo. Se nel suo precedente lavoro Brunori è stato più volte etichettato come “il nuovo Rino Gaetano”, figuriamoci adesso. Pur volendo apprezzare la canzoni di Brunori, non si può certo disconoscere l’evidente influenza dell’artista di Crotone, ingombrante e piuttosto scontata. Non che i contenuti di “Volume 2” siano discutibili, ma è pur vero che l’originalità è ancora un miraggio. Poco c’è di nuovo, nonostante i premi e i riconoscimenti, e poco c’è di genuino. Brunori realizza un disco affascinante per chi conosce poco la discografia di Gaetano, per chi non ha ascoltato i cantautori di trenta o quarant’anni fa. Sono dieci canzoni che si ascoltano volentieri ma senza troppe pretese, senza gridare al miracolo indie. Le collaborazioni di Dente e Dimartino non fanno la differenza e “Volume 2” si lascia definire come un disco semplice che racconta le vite altrui con realismo e speranza, con una scrittura sobria e abbastanza “popolare”.
I brani migliori sono “Lei, lui, Firenze”, “Rosa” e “Fra milioni di stelle”. Quando Brunori opterà per un distacco dai suoi miti dichiarati, ne potremo riparlare.
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