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Battles – Gloss Drop

2011 - Warp
math/rock

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Tracklist

1. Africastle
2. Ice Cream
3. Futura
4. Inchworm
5. Wall Street
6. My Machines
7. Dominican Fade
8. Sweetie & Shag
9. Toddler
10. Rolls Bayce
11. White Electric
12. Sundome

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E’ golosa e tremendamente glam la copertina dell’ultimo lavoro dei Battles. Sullo sfondo di Gloss Drop si staglia l’immagina pacchiana di quello che potrebbe essere una parte delle sculture di resina di Duane Hanson. Superato l’impatto suggestivo dell’artwork, ci sono due considerazioni da fare.

La prima è che le tracce di Gloss Drop si abbinano per ironia e assurdità sonora all’immagine della copertina. La seconda è che la mancanza di Braxton, nonostante sia stata ammortizzata e assorbita dai membri restanti, è un alleggerimento che compare negli spazi vuoti dell’album. In questo l’aver chiamato a raccolta ospiti musicali del calibro di Matias Aguayo, Kazu Makino, Yamantaka Eye non ha del tutto compensato la dipartita del polistrumentista luce di Mirrored. Per chi non lo sapesse, dietro i Battles si cela una cricca di musicisti, agli esordi quattro, gravitanti attorno alla figura di notevole spessore di Ian T. Williams, già membro dei Don Caballero e Storm & Stress. Al suo fianco il figlio d’arte Tyondai Braxton, il batterista John Stanier e David Konopka. Nel 2007 escono con Mirrored, un album visionario e paradiso del loop, in cui il pezzo Atlas svetta fra tutti.
Detto ciò, l’album colpisce coi suoi tredici pezzi schizofrenici e autistici. Gloss Drop è un lavoro ibrido, meticcio di prog rock, ritmi dance, sperimentazione elettronica, divagazioni canore di scuola Beck. L’opener è affidato a Africastle e al costante assolo di batteria di tipo tribale. Ice Cream, uno dei singoli estratti dal disco, trova nella conduzione della voce di Matias Aguayo il proprio andamento verso ritmi caraibici e session danzerecce in spiagge di sabbia sintetica. Wall Street, dove al posto dei broker sull’orlo della cecità e della tendinite si trova John Stanier, sul punto di perdere braccia e gomiti per quanto batte e ribatte sui tamburi. A seguire My Machines, la perla elettronica del disco per l’occasione tenuta a battesimo da Gary Numan. Sweetie & Shag resta imprigionata all’interno della bolla di sapone fatta dalla voce dei Blonde Redhead (Kazu Makino) ed è forse la canzone più tenera e sognante del repertorio della band. Sette minuti carnevaleschi di Sundome chiudono la parata con un accrescimento costante di strumenti e suoni che, ahimè, non deflagrano come ci si aspetterebbe.

In conclusione un lavoro intermittente che rischia talvolta di farsi ripetitivo benché riesca alla perfezione nel suo intento seduttivo.

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