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Tom Waits – Bad As Me

2011 - Anti Records
folk/songwriter

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Tracklist

1. Chicago
2. Raised Right Man
3. Talking At The Same Time
4. Get Lost
5. Face To The Highway
6. Pay Me
7. Back In The Crowd
8. Bad As Me
9. Kiss Me
10. Satisfied
11. Last Leaf
12. Hell Broke Luce
13. New Year’s Eve

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Arriva puntuale quel momento dell’anno in cui i dischi di Tom Waits suonano meglio, nell’impianto stereo. Quando i colori della natura si riempiono di tutte quelle sfumature di cui i nostri occhi si beano, quando il vento soffia sulle foglie degli alberi e le costringe a cadere giù, a passo di danza, prima di toccare terra. Waits, tutto questo, sembra saperlo: Last Leaf (…Sono l’ultima foglia sull’albero/ L’autunno ha preso il resto /Ma non mi prenderanno/ Sono l’ultima foglia sull’albero…).

Quel momento dell’anno è questo che stiamo vivendo; le giornate si accorciano e ti illudono a vivere la giornata in modo più veloce per poter godere ed assaporare della luce del sole più a lungo, senza però disdegnare totalmente l’imbrunire e il buio della notte. “La morte si nascode negli orologi“(cit. intervista rilasciata a Paolo Sorrentino su Repubblica, 15 Ottobre 2011).
Tom Waits, quest’anno fa il regalo più grande. In questi giorni possiamo mettere da parte, per una volta, le nostre copie di Blue Valentine, Rain Dogs, Bone Machine e Mule Variations, fiduciosi di ritrovarli, sempre pronti alleati, in futuro e mettere sullo stereo una nuova raccolta di tredici canzoni. La prima dall’ultimo disco Real Gone uscito sette anni fa.
Bad As me, pur non raggiungendo la sublime bellezza di alcuni suoi predecessori, è certamente una raccolta di canzoni importante; cerca di mettere ordine alla sua carriera, un pò come fece l’uscita della raccolta di inediti, Orphans, qualche anno fa. Da una parte le canzoni bastarde, dall’altra gli schiamazzi rumorosi e poi quelle più disperate e romantiche. In Bad As me ci sono tutte e rappresentano, più di ogni disco di Waits ,il suo mondo musicale riunito. Un mondo come al solito multistrato dove Waits riesce a masticare la storia della musica a suo piacimento, rileggendola in modo unico, permettendosi di citare se stesso in modo brillante senza apparire nostalgico o peggio, ripetitivo. Tom Waits al suo ventesimo disco è ancora fuori da qualsiasi ingranaggio del tempo. Inarrivabile e mai come questa volta, diretto.

C’è il Tom Waits rumorista del singolo Bad as me, che abbiamo già imparato a conoscere, con la sua voce beffarda dentro ad una rumba guidata dalla chitarra di Marc Ribot (…Sono il cappello sul letto/ sono il caffè/ il pesce o l’esca/ Sono il detective sveglio fino a tardi/ Sono il sangue sul pavimento/ Il tuono e il rombo/La barca che non affonda/ non ho chiuso occhio/ Tu sei cattiva come me …).
C’è il Tom Waits che abbandona la sua voce da orco per il falsetto della jazzata Taking At the Same Time e per rincorrere il rock’n’roll anni ’50, trasformandolo in un battito frenetico in Get Lost. La sua voce cambia, ancora, radicalmente in Back in the crowd, suadenza che si trasforma in una una ballad sentimentale che sapora di Messico con l’amarezza e la ricerca di indipendenza in età adulta.(…Se non vuoi che queste braccia ti sorreggano/ Se non vuoi che queste labbra ti bacino/ Se hai trovato qualcuno di nuovo/rimettimi in mezzo alla folla/ Metti il ??sole dietro le nuvole/ Rimettimi in mezzo alla folla…). Anche quando percorre strade già battute, il suo mettersi in gioco con la voce(Face to the Highway, sembra fare il verso all’anima folk di Springsteen), fa risultare tutto nuovo ed affascinante.
C’è poi l’amicizia con Keith Richards che si rinsalda nuovamente dopo i lontani Rain Dogs (1985) e Bone Machine (1992). Richards suona su quattro canzoni tra cui Chicago, Hell Broke luce e Satisfied (al basso Les Claypool) che non nasconde i suoi riferimenti ai Rolling Stones in maniera più che esplicita nella musica e nelle citazioni del testo(…Avrò soddisfazione / sarò soddisfatto / ora Mr. Jagger e Richards / Gratterò il prurito…) e sull’autunnale Last Leaf , dove il pirata Richards accompagna Waits anche al controcanto.
Il romantico Waits di inizio carriera ricompare per magia in Kiss Me: lui, il piano, la chitarra ed il basso di Marcus Shelby e il fruscio dimenticato di un vecchio vinile in sottofondo, facendo affiorare il suo appassionato bacio a Rickie Lee Jones sul retro di copertina di Blue Valentine tra neon accesi e vecchie cadillac posteggiate ai bordi della strada: (…Baciami/ Voglio che tu mi baci ancora una volta come un estraneo/ Baciami come un estraneo ancora una volta/ voglio credere che il nostro amore è un mistero/ voglio credere che il nostro amore è un peccato/ Voglio che tu mi baci come un estraneo, ancora una volta…).

Tra l’urgenza urbana guidata dai fiati dell’iniziale Chicago e una Raised Right Men che sembra uscire da una spy-story, c’è la notturna atmosfera di Pay Me, con un violino e una fisarmonica che accompagnano, in modo leggero, l’arrivo del mattino e la voglia di fuga, che si fa ancora più prepotente in Face to the Highway(…il Diavolo vuole un peccatore /Il cielo vuole una uccello/Il tavolo vuole una cena/ Le Labbra vogliono una parola/Il bicchiere vuole il vino/Il pugno vuole colpire/L’orologio vuole il tempo/ E la pala vuole lavorare…).
Prima di arrivare alla fine, piazza ancora il rumoroso blues di Hell Broke Luce, che gioca con l’hip hop e con i suoi bizzarri personaggi come già fatto nel precedente e poco capito Real Gone(2004) ma solo come un vecchio prestigiatore potrebbe fare.
Fino ad arrivare alla stupenda e narrativa chiusura di New Year’s Eve con la chitarra di David Hidalgo(massiccia la sua presenza su tutto il disco) che conduce le danze di un lento, caloroso e alcolizzato walzer, che abbraccia, avvolge e coccola, invogliando a ripetere l’ascolto ripartendo dal principio (…Tutto il rumore era inquietante/ …e io non riuscivo a trovare Irving/ E ‘stato come essere in due posti nello stesso momento/ E poi ho nascosto le chiavi della tua macchina / Ho preparato un caffè nero e ho buttato giù il resto del rum…).
Per chi ne ha voglia, sull’edizione Deluxe del disco, la magia prosegue con altre tre canzoni: She Stole the Blush, Tell Me, After You Die.

Waits continua il suo discorso di decostruzione della forma canzone iniziata negli anni ottanta con l’aiuto della moglie Kathleen Brennan(coautrice dei testi). Non sarà più sorprendente come una volta, ma la sua personale miscela musicale: bizzarra, visionaria e frenetica che allo stesso tempo sa essere poetica, romantica e malinconica continua a conquistare adesso come quarant’anni fa. Polvere e brillantina. Antiche foto e quotidianità unite. Magia ineguagliabile di questo autunno alle porte.

enzocurelli.blogspot.com

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