New York, in un parco pubblico due ragazzini litigano e uno rompe all’altro due denti, i genitori si incontrano per decidere come gestire l’evento. Quella che poteva sembrare una riconciliazione fra adulti si tramuterà invece in un litigio dai risvolti imprevisti.
Un vero esercizio di stile di Polansky che trasloca sul grande schermo la piece teatrale di Yasmina Reza, “Il Dio del massacro”, facendone la sua ennesima splendida, anche se in tal caso breve, pellicola; aiutato dalla sublime prova recitativa di un gruppo di attori da Oscar ove spicca la solita Jodie Foster e dove le riprese, tutte rigorosamente in interno, alternano i movimenti degli attori sul grande schermo che si schierano attorno al tavolino del soggiorno affiancandosi o dividendosi a seconda delle momentanee alleanze, o divergenze, di vedute che si vengono a creare. Il tutto partendo da una lite fra ragazzini che tramuta un tentativo di riconciliazione fra genitori, apparentemente riuscito, nello sfogo di ogni frustrazione da parte degli adulti, tutti figli di una borghesia “Made in USA” che viene più volte trasversalmente attaccata nel corso della pellicola, a partire proprio da Jodie Foster, nel ruolo di una paladina dei diritti umani, proseguendo con le rispettive vedute di ognuno degli altri litiganti; l’avvocato perennemente in contatto con il proprio studio che crede nel Dio del Massacro e non stravede per gli aiuti umanitari o il rappresentante di articoli per la casa che dall’avvocato non è visto se non come un banale qualunquista.
Una pellicola che come si conviene Polansky non ha potuto girare negli Stati Uniti ma che degli USA ha preso di mira la parte più perbenista e forse peggiore facendone un ennesimo capolavoro.
a cura di Ciro Andreotti
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