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Interviste

Intervista ai DISTORSONIC

Oggi abbiamo in programma un lungo incontro con Maurizio Iorio che ci illustrerà il suo interessantissimo progetto dal nome Distorsonic, da poco sulle scene con il secondo album “Dose Minima Letale” (clicca qui per la recensione).

A cura di Fabio La Donna.

Ciao Maurizio, hai voglia di presentare il progetto Distorsonic e il tuo ultimo disco?
Difficile parlarne quando ci sei  dentro fino al collo. Dunque, tutto è cominciato poco meno di una quindicina di anni fa, nella mia vecchia casa, giocando con degli effetti che qualcuno mi aveva generosamente offerto di usare. Avevo a disposizione un delay analogico, un distorsore e un Syb3. Assemblare il suono di questi tre pedali mi ha aperto un mondo che ancora non ho smesso di abitare. Nel tempo ho ovviamente infoltito il numero degli effetti, ma essenzialmente tutto è rimasto invariato. Il fatto di trascorrere molto tempo in giro a suonare con altri musicisti ha fatto slittare di molti anni il momento del debutto ufficiale e sono entrato in studio per registrare le prime cose sotto il nome Distorsonic solamente nel 2002. Poi, nel 2005, la Minus Habens ha pubblicato una raccolta di suoi artisti includendo anche un nostro brano e, nel giugno 2006, ha stampato il primo disco “Psychohaven”. Il nuovo disco, “Dose Minima Letale”, è il recupero di un periodo particolarmente sconquassato della mia vita, al limite del paradossale. Un miscuglio di vicissitudini molto impegnative sotto l’ aspetto emotivo.  Il mio attuale presente stava distruggendo il passato senza darmi alcun genere di preavviso. Quelle sensazioni si sono ripresentate in blocco una notte, mentre percorrevo una strada che all’ epoca frequentavo. Non riuscivo più a sbarazzarmi di quello stato d’animo e, rispettando una tradizione consolidata, ho scaricato tutto quel bagaglio emotivo nella musica, distaccatomi definitivamente da quel retaggio indesiderato. Ovviamente la città e le sue dinamiche scomposte si sono rivelate uno scenario ideale. Per quanto riguarda il suono, piuttosto che imitare pallidamente certe caratteristiche degli anni 70 molto in voga oggi o ricalcare modelli melodici oramai consolidati, ho tenuto conto degli insegnamenti  dei musicisti di quegli anni, privilegiando l’ aspetto creativo piuttosto che il suonare una chitarra vintage o indossare abiti che richiamassero la moda di quel periodo. Quegli anni sono passati e l’ atmosfera e i contesti sono cambiati. Mi fa sorridere il fatto che oggi molti hanno un iPhone in tasca e affermano che acquistare musica in digitale è il futuro e poi dimentichino tutta questa modernità quando si tratta di fare musica, continuando a voltarsi indietro. Se dovessi definire la nostra musica, direi che è come dovrebbe essere il suono di un gruppo rock nel 2011.

Ho notato che in “Dose Minima Letale” c’è una certa ricercatezza nei testi. Come si svolge questo processo e a cosa ti ispiri?
Ogni tanto mi capita di scrivere qualcosa che penso possa tornarmi utile ma poi, puntualmente, nel momento in cui penso di poter utilizzare quel materiale, non corrisponde mai con quello che sto vivendo e finisco per lasciarlo definitivamente nel cassetto. Sono pieno di fogli fitti di frasi scritte, tovaglioli, pagine di quaderno strappate con macchie di caffè e ketchup, ogni genere di superficie cartacea disponibile a ricevere le mie impulsive razioni di inchiostro. Per cui non possiedo un metodo preciso e collaudato, lascio che le parole e i pensieri si manifestino in base al mio stato d’ animo in quel particolare momento. Certamente calpestare il marciapiede della disperazione e della gioia dà sempre ottimi risultati, anche se hai un prezzo personale da pagare. Non cerco di falsificare la realtà rendendola accettabile. Per quello c’è già una discreta schiera di artisti che canta cose con l’ intento di comunicare una felicità spropositata o l’ amore che esiste nei telefilm del sabato sera. In quei casi, finito il disco, tutto stride con la realtà circostante e le persone non sanno dove andare a cercare quell’ amore raccontato, quell’ amore così perfetto. La verità è che la città è furiosa e esagerata e il verde della campagna mi comunica altrettanta violenza. Ho l’ impressione che la maggior parte della gente non ama tuffarsi nella vita e affrontare i rischi di ciò che comporta, preferisce vivere ai margini, emozioni preconfezionate che non disturbano e sono prevedibili come il percorso di un pesce nell’ acquario. Lo schermo televisivo  è una barriera perfetta. Comoda e estremamente rassicurante.

Il sound invece è molto compulsivo e vi è un rincorrersi tra batteria e basso. Come mai questa scelta molto ossessiva?
Non è una scelta prestabilita, è venuto fuori così, è la nostra identità e la nostra caratteristica, certamente questo genere di  suono è determinato anche dall’ organico insolito, perché di base siamo una sezione ritmica con il basso elettrico che si espande ricoprendo anche altri ruoli. Mi piace subire l’ assalto di una base ipnotica e ossessiva, adoro rimanere intrappolato in quel groviglio emotivo più a lungo possibile.  Mi piacciono quelle sensazioni notturne e invernali. C’è fin troppa musica solare in giro, falsamente aggressiva, sento il bisogno di equilibrare, non è un’ epoca spensierata quella che stiamo vivendo. Anche il tipo di  esecuzione che richiede la nostra musica, in cui c’è una componente tecnologica rilevante, ha certamente influenzato la mia scrittura, dal momento che registro live la base e suono sopra tutto il resto, come è evidente nella sezione finale di “Detriti”, altre volte eseguendo anche più parti con suoni diversi che sfruttano le possibilità di armonizzazione offerte dalla base.  Quando suono devo tenere conto delle misure che vado a registrare in modo da non lasciare “buchi” o parti troppo brevi rispetto a ciò che serve per l’ esecuzione del brano.  Tutte queste componenti, questo insieme, caratterizza il nostro sound.

In alcune canzoni c’è la bellissima voce di Raffaella Castelli che è una doppiatrice abbastanza famosa. Come è nata questa collaborazione?
Sì in due brani, “Carne Cruda” e “Detriti”. Non c’è stata una ragione precisa. Probabilmente desideravo ascoltare una voce che non fosse la mia. E’ avvenuto quasi del tutto casualmente.  Ero in una sala accanto a quella dove lei stava doppiando e durante una pausa le ho chiesto se le andava di provare a recitare un mio testo.  Il risultato mi è piaciuto e  i testi sono diventati due. Una voce davvero magnetica la sua.

A proposito di collaborazioni puoi parlarci di quella che hai avuto con Siratori? Come mai molti tuoi lavori son esportati in Giappone? Hai trovato un mercato fertile?
Venni contattato da Kenji stesso sull’ allora celebre Myspace. Da alcuni mesi “Psychohaven” era stato distribuito in Giappone grazie all’ interessamento di una etichetta locale e Siratori mi chiese se mi andava di fare uno split. Registrai due tracce e gliele inviai in mp3, e su una di esse Kenji  registrò un testo davvero apocalittico. Poi non mi fece sapere più nulla. Qualche tempo dopo, sul suo sito trovai in vendita le ultime copie di Distorsonic Vs Kenji Siratori “Acidhuman Conflict”. Ovviamente, non mi ha mai inviato una copia. Il Giappone potrebbe essere ancora un buon mercato, ma la possibilità di poter acquistare in digitale ha ridotto di molto il suo potenziale per noi occidentali. Oltrettutto stanno attraversando una forte crisi economica che è stata ulteriormente amplificata dal recente disastro sismico e nucleare.  Mi hanno detto che  Dose Minima Letale è disponibile su amazon.co.jp.

A oggi oltre a Distorsonic sei invischiato in altri progetti? Vuoi parlarcene?
Mi piace sperimentare e coinvolgere musicisti diversi con cui realizzare musica. Fino adesso ha visto la luce solo uno di essi, Not Me “ Serving Bangs On Trees”, uscito nel 2008 su Minus Habens, registrato insieme al DJ Andrea Lai. Un altro, Spettro Sonoro, dovrebbe uscire nei primi mesi del 2012. Nel frattempo si sono aggiunti Pescecane Mazurka, EvelinaGuerresc  e Feedback Orchestra ma non so davvero dirti se si concretizzeranno.

Dopo l’uscita di Dose Minima Letale avete in programma un tour? Avete già qualche data fissata?  
Abbiamo un booking che sta lavorando per noi e ci auguriamo di suonare presto in giro per l’ Italia.

Intervista finita. Vuoi aggiungere qualcos’altro?
Certamente si. Quando suono, sto bene.

a cura di Fabio La Donna

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