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Sunn O))) – 00 Void

2000-2012 (ristampa) - Southern Lord Records
drone/ambient

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Tracklist

1.Richard
2.NN OO))
3.Rabbit's Ravenage (Melvins cover)
4.Ra at Dusk

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Quattordici anni fa, dalla patria di quel che fu il grunge, giunse all’interesse internazionale un duo piuttosto sui generis. Non si poteva nemmeno definire musica la loro proposta, così attenta ad instaurare un dialogo con i demoni delle basse frequenze, quelle malefiche vibrazioni che una volta superato lo sterno impunemente, attanagliano il respiro, stritolano lo stomaco, da ignorare concetti ritenuti imprescindibili come armonia, sezione ritmica.

Loro si chiamavano (e si chiamano ancora) Sunn O))), dalla marca degli amplificatori preferiti. Questo è OO Void, la ristampa, dodici anni dopo, del loro full lengh di debutto.
Tre lunghissimi brani, una cover, per una durata che sfiora l’ora, compongono il primo vagito della creatura plasmata dagli americani. Un delirio oltre-metal, oltre-musica, oltre-identità.
Qualsiasi costruzioni precedente viene divelta per permettere al fumoso rintocco delle chitarre ultra distorte preda di molteplici effetti, voci autentiche delle profondità avernali del post-moderno, di esplodere nella loro sublime distanza.
Dovessi usare un aggettivo per qualificare l’intero plot è proprio distante, lontano.
Un continuo rombo nei padiglioni auricolari, un perenne terrore di essere squarciato dalle pesanti ondate drone, mentre la docilità impostami dalla lentezza esasperata dei plettri dei Nostri mi fa scivolare in un sonno agitato, popolato da maligne forme geometriche, sconosciute alla geometria euclidea, da città il cui solo nome incute reverenza, da profondità dimenticate da eoni. L’impossibilità di reperire un appiglio, una mano tesa che eviti la deriva della psiche, sottoposta ad uno stimolo subdolo, in cui essa non è capace di svolgere il suo compito, così sovrastata da progressioni prive di senso logico, rumori dissonanti, quantità pantagrueliche di echi, fruscii, feedbacks.
Non è semplice approcciarsi all’ascolto di un album composto dai Sunn O))), ma è il loro fascino perpetuo ad attirare il neofita, catturato dalla parvenza di armonia in Richard, dove sembra quasi che sotto al muro sonoro eretto dalla coppia di sei corde si nasconda una piccola strumentazione orientale, oppure rapito dalla desolazione trasmessa da NN OO))), un torturante quarto d’ora faccia a faccia con il proprio dimenticato Io.
Perchè il drone, in generale, obbliga, simile in questo ai testi della moderna letteratura inglese (mi viene in mente T.S. Eliot e le sue Waste Land, metafora azzeccata), all’interpretazione, alla compartecipazione, in quanto il suono emesso assume un significato profondamente differente a seconda delle emozioni espresse nell’istante dal soggetto nei confronti dell’oggetto.
Può trattarsi di immediata repulsione, in modo da relegare l’abisso nero, il pozzo, ad una dimensione rinnegata dalla moralità, oppure amore fisico, passionale, ma allo stesso tempo nichilistico.
Oppure ancora sconforto per l’effettiva nullità della vita, per il carattere indefinitamente caduco e transeunte dell’esistenza. In ogni caso, l’opera dei Sunn O))) porta con sé un ricco campionario di riflessioni possibili. Si tratta veramente della modalità musicale della post-modernità? E’ semplice rumorismo, che chiunque, dedicando qualche ora alla settimana allo studio dei numerosi pedali per distorcere il suono, è capace di creare? E’ la nuova armonia? Tutti interrogativi che oggi, come allora, nel 2000, ritornano prepotenti.
Discutere di produzione, articolazione dei brani, è assolutamente superfluo. Per chi non si interessasse di complicazioni poetiche\filosofiche, e volesse sapere, successivamente a queste righe come suona in realtà la ristampa, metterebbe in crisi di difficile soluzione il recensore, poiché il disco in questione non suona nel senso canonico del termine, affermazione, che credo, non abbia bisogno di prolisse spiegazioni.

Ma riesce a non annoiare, benchè la totalità del plot ruoti attorno, volendo essere materiali e pragmatici, a cinque, massimo sei note che incessantemente ripetono il loro assurdo ciclo, ad imitare lo scorrere del tempo, visto dagli occhi trascendenti del Mondo, o della Luna, se qualcuno fra i lettori, è un appassionato di Leopardi.
Non ha, ribadisco, nessuna sezione ritmica, solo basso, scarsamente udibile, e le onnipresenti chitarre. Non ha nulla di quello che vorremmo da un album.
Eppure ci imprigiona nei nostri tunnel mentali. Direi che non è poco.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=9I5VyG3OOm8[/youtube]

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