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Interviste

Intervista ai MIRIAM MELLERIN

Pietro (Batteria), Diego (Voce\basso) e Daniele (chitarra), sono un’unica di impatto sonoro tra noise, rock e pazzia. Riuscendo a riprendere la lezione di gruppi come Teatro degli Orrori (quelli del primo disco), l’invettiva del Giorgio Canali più punk e l’anarchia stilistica più genuina, si ritrovano oggi a uscire con il loro primo LP omonimo. Niente logorrea e boria da arrivismo musicale, ma una frenetica e ormonale voglia di sperimentare e costruire, fondendo e cercando un proprio percorso. Li troviamo per maiil a pochi giorni dall’uscita del disco.

Ringraziamo la agenzia di booking dei Miriam Mellerin, l’ass.culturale Wardance.

A cura di Michele Guerrini.

Ciao ragazzi e benvenuti su Impattosonoro.it, che ne dite se partiamo con un po’ di biografia, parlateci della vostra storia, delle radici della vostra band…
Ciao Michele, grazie mille dell’ospitalità! Dunque l’idea di formare un gruppo è nata negli anni delle superiori, Daniele era totalmente interessato al panorama undergound italiano e mi trasmise curiosità verso questo ambiente. Ci siamo decisi a fare delle prove reclutando batteristi e cantanti, fino a quando scrivendo i primi pezzi, ci siamo resi conto che non avevamo bisogno di un quarto elemento. Dopo la registrazione di “Miriam Mellerin” abbiamo scoperto la nostra identità, il nostro sound, e con l’arrivo di Pietro siamo riusciti a trovare la compattezza che ci mancava.

Dentro il vostro sound troviamo un riferimento abbastanza chiaro al prosare, ai testi di band come Teatro degli Orrori e primi Marlene Kuntz, dall’altro lato si sentono riferimenti al post rock, alla durezza di OvO e Giorgio Canali. Che immagine, che obiettivo artistico volete raggiungere? 
Hai citato quella che per me è la band di riferimento in Italia. Se non avessi ascoltato Il Teatro degli Orrori, probabilmente non avrei mai cercato di comunicare attraverso il genere musicalmente più grezzo che ci sia. L’immagine si riassume nel noise che scuote la pancia e nei testi che scuotono le coscienze. Anche se siamo giovani abbiamo molte cose da dire. L’obiettivo è di comunicare, trasmettere le sensazioni e i pensieri che maturiamo, coinvolgere il corpo e la mente di chi ci ascolta.

Per alcune delle band che ho elencato prima avete fatto anche da opening act , come è stato? Che ricordi avete di loro che vi hanno segnato?
Ogni volta che dividiamo il palco con qualcuno, cerchiamo di entrare in una dimensione artistica nuova, di capire ciò che rende unico un gruppo o un cantautore, il suo linguaggio. L’opening act ci pone a contatto diretto con la persona piuttosto che con la “maschera” che questa si costruisce, vedere un concerto dal retro del palco ti fa capire se chi si esibisce è umile o si è montato la testa! Gli artisti con cui abbiamo suonato ci hanno mostrato una grande consapevolezza dei propri mezzi, una cosa importantissima che aiuta a non perdere il contatto con la realtà e a non prendersi troppo sul serio. Ci piace moltissimo ricordare la serata con i Gazebo Penguins, band che sentiamo vicina per le sonorità e per l’entusiasmo che dimostrano in concerto.

Quali sono le scene musicali da cui avete tratto ispirazione? Quali sono i film, i libri che hanno portato i Miriam Mellerin ad essere ciò che sono oggi?
Per Daniele lo Screamo, il Post-Hardcore. I film d’amore come “Appuntamento a Wicker Park” e anche quelli Pulp. Un libro: “Soffocare” di Palahniuk
Pietro è anche un batterista Jazz, con un passato tra Prog e Nu Metal, ascolta molta musica italiana e pure cantautorato. Essendo arrivato da poco nel gruppo diciamo che le sue influenze stanno contribuendo a caratterizzare i brani che stiamo scrivendo adesso, seguendo il percorso che era stato tracciato con questo album.
Io musicalmente mi ispiro a vari generi, di sicuro la musica classica è una buona fetta del mio bagaglio. Per i film posso dirti “Le ali della libertà”. Per i libri “La figlia del reverendo” di Orwell, “I viaggi di Gulliver” di Swift.

Tre pezzi mi hanno colpito in particolare, per arrangiamento e testi: “StilNovo” , “Insetti” e “Ostrakon”. Cosa vogliono comunicare e come sono nati?
Tre storie completamente diverse tra loro. “StilNovo” è una rivisitazione di “S’ì fosse foco” del poeta Cecco Angiolieri, il sonetto più iconoclasta e irriverente che ci sia. Noi abbiamo voluto renderlo attuale, convinti che l’unico modo per imprimere una svolta alla società sia migliorare sé stessi, piuttosto che dissacrare tutto ciò che ci circonda. “Insetti” trae origine da un vero e proprio delirio: inventare la vita di un piccolo animale intrappolato in una casa disabitata per lungo tempo…insieme a molti altri suoi simili. “Ostrakon” è un pezzo d’impatto, al primo ascolto piace o non piace. L’intenzione era di creare un’atmosfera rigida, quasi marziale, utilizzare la ripetizione ossessiva di una cellula ritmica per trasmettere il senso di oppressione. Nella canzone vogliamo invitare a riflettere sul meccanismo della rappresentatività, sulle sue contraddizioni e sugli effetti degenerativi che ciclicamente portano a collassare i regimi, ogni volta che si spezza il legame che unisce governanti e governati.

Ho letto che avete registrato il disco seguendo i criteri della registrazione in analogico. Questo ritorno agli strumenti vintage a quale idea di suono è legata? Oggigiorno non si fa altro che parlare di indie-vintage etc…
La scelta è stata affidata al nostro fonico Edoardo Magoni. Prima di entrare in studio avevamo le idee molto confuse riguardo alle sonorità ma la mancanza di esperienza è stata compensata dal suo grande intuito. Utilizzare microfoni vintage, cercare di ottenere un buon suono naturale per ritoccarlo il meno possibile con gli effetti, limitare l’editing per conferire una forte impronta “live” all’esecuzione si sono rivelati degli espedienti fondamentali per trovare il giusto sound e per la riuscita del disco.

Il vostro disco uscirà il 25 gennaio, fra pochi giorni, quale è il prossimo passo?
Il prossimo passo è suonare questo disco in concerto in giro per la penisola. Magari anche all’estero, non vogliamo precluderci nulla! Siamo in ottimi rapporti con l’associazione culturale Wardance, e stiamo collaborando con loro per organizzare il tour promozionale di “Miriam Mellerin”.

Avete già pianificato qualche collaborazione? Quale vi piacerebbe?
Tempo fa pensavamo al genio di FM Einheit, il co-fondatore degli Einsturzende Neubauten, ma la timidezza ci impedì di tentare…ora che stanno per riunirsi ci sentiamo quasi costretti a sognare l’opening agli “At the Drive-in”!

Domanda ultima e pulciosa: eravate in stato di ebrezza durante la registrazione di “B.H.O.O.Q.”? Ci ho sentito dentro di tutto: western, inglese, postcore, spagnolo, e non so altro. Geniale!
No, almeno in studio no alcool! Quel pezzo ha una genesi molto particolare, una quasi-storia sentimentale non andata in porto, che ci siamo divertiti a romanzare…tipico caso in cui scrivi prima il testo e poi ci associ un arrangiamento. Ogni brano condensa in sé quelle che sono le nostre esperienze, i nostri ascolti di quei giorni, e li fonde con la storia che ci portiamo già dentro. La parte di tromba infatti è ispirata al celebre “Concierto de Aranjuez” di Joaquín Rodrigo, un “must” per chi come me proviene dal mondo della chitarra classica. Daniele, invece, in quel periodo era rimasto folgorato da “Dal tramonto all’alba”, film di Robert Rodriguez ambientato in Messico. Dopo aver pensato ad accostare quegli elementi, il difficile è stato renderli omogenei all’interno del pezzo. La sbronza ce l’ha fatta prendere “B.H.O.O.Q.” a forza di suonarlo in sala prove!

Grazie di tutto ragazzi!!
Grazie di nuovo a te e a Impattosonoro.it!

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=E3Wkeo_HUgI[/youtube]

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