Prestigioso debutto targato Relapse Records per i Liberteer, progetto modern grind partorito dalla fertile mente di Matthew Widener, già dietro a Cretin, Citizen e The County Medical Examiners. “Better To Die On Your Feet Than Live On Your Knees” è un lavoro che associa alla classica spinta anarcoide del grind delle origini, ancora molto contaminato dal punk/hardcore, il moderno impatto frontale che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare nel muro sonoro innalzato da band quali Nasum, Pig Destroyer, et similia.
L’album dichiara fin dall’inizio queste sue velleità insurrezionaliste, attraverso la giustapposizione di interludi pseudo-militari (fanfare, marcette propagandistiche) e furiose bordate grind, che si succedono senza soluzione di continuità, come un unico brano dalle varie identità espressive, modulate attraverso 17 tracce.
A livello concettuale il succo del discorso messo in piedi dai Liberteer è la denuncia delle oppressioni economiche, politiche e religiose del sistema sul singolo individuo, e la relativa volontà di rivalsa e riscatto, attraverso il dissenso e la ribellione.
L’atmosfera generale del disco ha un che di nettamente bellico e militare (probabile retaggio dell’esperienza di Widener nei Marines USA), che può piacere o meno, a seconda delle inclinazioni personali in materia, ma che di certo non lascia indifferenti, rappresentando, di fatto l’unica vera particolarità di “Better To Die On Your Feet Than Live On Your Knees”.
Niente di particolarmente nuovo e originale, e con buona pace di Widener il grosso limite dei Liberteer sta proprio in questa scelta di campo che non ammette sostanziali aperture alle novità.
Per quanto a livello meramente strumentale ed esecutivo la band sia di alto profilo e alcuni passaggi siano davvero ben concepiti e riusciti (“Build No System”, “That Which Is Not Given But Taken”, “99 To 1”), a livello generale il disco non riesce a lasciare il segno come dovrebbe, e le composizioni si susseguono sì senza particolari intoppi, ma anche senza distinguersi sufficientemente le une dalle altre.
Band dalle buone potenzialità, dunque, ma che in questa sede non decolla e non convince come dovrebbe/potrebbe.
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