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Interviste

Intervista a NICOLÒ CARNESI

Nicolò Carnesi, 24 anni, parlemitano doc, è senza’altro da considerare uno dei più talentuosi musicisti emergenti nella scena della musica italiana indipendente. Avvicinatosi alla musica da piccolo, suonando la batteria e le percussioni (il suo primo regalo è stato una batteria finta, quelle del vecchio amato Topolino), per Carnesi è stato un processo quasi naturale avvicinarsi alla musica. Durante gli anni del liceo ha iniziato a scrivere e a raccontare, a suonare pianoforte e chitarra da autodidatta. L’album Gli eroi non escono il sabato, contenente 11 brani, è il suo disco di esordio, prodotto dalla Malintenti Dischi. Esso vede la partecipazione di cantautori, musicisti e amici di Nicolò: Settimo Serradifalco al basso, Giusto Correnti (Di Martino) alla batteria,Serena Ganci alla voc e e la partecipazione di Gioele Valenti. Un album, azzardiamo il temine, frutto di una geniale compenetrazione di suggestioni beatlesiane, infiltrazioni di musica proveniente direttamente dagli ’80 (con speciale riferimento ai The Cure), con un ammicco, anzi forse qualcosa di più, ad un grande corregionale di Carnesi: Franco Battiato.

 A cura di Letizia Magnolfi.

Nicolò, questo è il tuo primo album, prodotto da Malintenti Dischi. Cosa significa il titolo, “Gli eroi non escono il sabato”?
È un titolo partorito dalla mia mente, dal significato che do io alla parola eroismo. Non uscire il sabato, il momento in cui la mondanità si materializza dopo una settimana dura, è per me, ironicamente parlando, un atto di eroismo, il non fare qualcosa che solitamente tutti fanno. Ho usato una parola grossa per un significato in realtà molto piccolo, riferito a un’azione del quotidiano, ma che mi piaceva come parola chiave.

Parliamo delle influenze artistiche che si percepiscono ascoltando l’album. C’è una compenetrazione di vari generi: spazi da ritmi tipicamente beatlesiani alla musica degli anni ’80, sino ad arrivare alla musica italiana degli anni ’90, con Battiato in prima fila ….
Sono influenze artistiche che, se posso dire senza cadere in contraddizione, mi porto dietro volontariamente e involontariamente. Sono cresciuto con i generi musicali che hai accennato, anche se oggi mi sto dedicando anche ad altri stili, mi piace tantissimo scoprire ogni giorno musica nuova, conoscere nuove suggestioni artistiche.

Parlami in particolare dell’influenza avuta dalla musica dei Beatles…
Che dire su di loro. Ci sono artisti che impiegano anni e anni per fare un solo disco, loro in dieci anni sono riusciti a fare la storia della musica pop e rock. Quello che sono riusciti a fare loro non è riuscito a farlo nessuno. Ti entrano dentro per forza.

Hai un’urgenza artistica piuttosto evidente. Ho letto anche in altre interviste che scrivi canzoni con molta facilità. Ce n’è qualcuna in particolare che ti è uscita con più spontaneità?
Direi che non ce n’è una in particolare. Sono testi nati molto spontaneamente, come dicevi tu. Certamente ognuno di questi ha la sua storia, un suo significato. Il filo conduttore che li lega è il modo in cui sono nati: da una mia esigenza, un mio bisogno di scrivere. Credo che per questo si possa notare una certa coerenza stilistica di tutto l’album, a mio modesto avviso.

Hai scritto altre canzoni?
Sì. Ne ho scritte tante, poi ho fatto una selezione, perché vedevo alcuni pezzi migliori per il mio progetto, adatti a quello che volevo comunicare. Ciascuno ha una vita propria ma tutti insieme costituiscono l’anima di tutto il disco.

Nicolò, dimmi la tua su Lucio Dalla, un grandissimo della musica italiana recentemente scomparso. Cosa pensi della sua carriera artistica?
Ha fatto sicuramente delle cose grandissime, soprattutto ha avuto il coraggio di sperimentare generi nuovi in un periodo in cui erano in pochi a farlo. Ci sono pezzi rimasti nell’impressione collettiva, e mi riferisco per esempio a canzoni come Cara, Come è profondo il mare: sono testi orecchiabili ma allo stesso tempo con un profondo contenuto.

Che approccio ti piace avere con il pubblico durane i live?
Sicuramente un approccio sostenuto, rock. Io e la band ci divertiamo molto, durante i concerti, a “esagerare” le cose, a farle diventare più ritmiche dal vivo, per divertire la gente e per divertire anche noi.

Durante il tour avrai l’opportunità di fare concerti con altri cantautori italiani. C’è un sogno nel cassetto per il futuro, un artista di calibro internazionale con il quale un giorno vorresti collaborare?
Apprezzo moltissimo la cantautrice Lisa Germano, con cui mi piacerebbe anche collaborare. L’idea di lavorare con altri artisti mi alletta molto, del resto così ho fatto anche in questo album. Sento che così mi arricchisco personalmente, mi aiuta a imparare cose nuove. Se poi devo sognare, allora dico solo un nome: Nick Cave.

Un’ultima domanda. Ci sono come due realtà parallele musicalmente parlando in Italia: da una parte voi cantautori indipendenti, dall’altra tutti quei cantanti che invece preferiscono affidarsi a questo o quel reality show, e magari, con opportuna pubblicità, riescono anche ad avere successo. Tu che pensi in merito a questi mondi distinti?
Io definisco quest’ultima categoria “musica da fast food”; anzi non la reputo neppure musica. È definita musica pop, ma la musica pop è fatta di ben altre cose, non c’è una produzione artistica, un’attenzione a livello tecnico e di arrangiamenti dietro queste canzoni. De Andrè è pop, anche Battiato secondo me lo è, solo per fare due esempi. Io non riesco a sentire neppure una nota della musica che esce dai reality show. A livello internazionale, forse l’unica che si distingue nel genere hip-hop e che, più o meno, è dentro questa realtà di cui parliamo, è Lady Gaga. Paradossalmente, penso che abbia un minimo di cura del suono, della sperimentazione. Mi limito solo all’aspetto tecnico, quanto alla qualità dei testi non ho molto da dire.

a cura di Letizia Magnolfi

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