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Earth – Angels of darkness, Demons of lights part II

2012 - Southern Lord
drone/psych

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Tracklist

1.Sigil Of Brass
2.His Teeth Did Brightly Shine
3.Multiplicity Of Doors
4.The Corascene Dog
5.The Rakehell

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“Che ne sarà di questi Anni Novanta?” Dylan Carlson lo pensava già negli Anni Novanta. Perché dallo sparo di Cobain in poi (leggenda vuole che fosse proprio Carlson a vendere il fucile del 5 aprile ’94 all’amico Kurt) qualcosa è cambiato un po’ per tutti, anche per chi non lo ammette o non lo sa. L’epopea Nirvana fu emblema di una società oramai in grado di fagocitare ogni tipo di esperienza, divorarla (e logorarla) dall’interno, deformarla e risputarla sotto forma di “simpatico prodotto”, rivoluzione preconfezionata.

E poi? Una volta comprese le regole perverse e ineluttabili, ognuno fece il proprio gioco. Dave Grohl (che ricordiamolo partiva dall’hardcore) coltivò velleità da stadio, pienamente (ed in fondo in maniera genuina, seppur non sempre ispirata) appagate dal circo Foo Fighters; King Buzzo iniziò un altalenante percorso di sperimentazione coi Melvins, Chris Cornell regalò la sua voce al crossover etc… altri (molti) si sciolsero ufficialmente o semplicemente sparirono dalla circolazione. Il “mondo nuovo” grunge naufragò come da copione insomma. E nella dissoluzione c’era chi iniziava un calvario fatto di divagazioni oniriche, accordi dilatati e decibel oltre-umani: dall’ortodossia rock gli Earth di Dylan Carlson sono passati ad un purificazione nel deserto fatta di droni sperimentali. Un percorso che continua sostanzialmente sugli stessi binari in disuso (indubbiamente in maniera meno spiazzante rispetto ad una decade fa) ma che non finisce di ardere sinapsi a fuoco lento, regalando sorprese inaspettate, come questo secondo atto di Angel of darkness, Demons of light. Impossibile rendere conto di sensazioni maturate nella calma asfissiante di quest’ultima fatica targata Earth: questione di suggestione personale, sempre diversa e mai razionale. Roba che non puoi “ascoltare al pomeriggio su youtube” diciamo. O forse sì? Perché ad un orecchio attento non sfuggono i contrappunti jazzistici tra il violoncello sofferente di Lori Goldston e la sei corde, non sfuggono le percussioni a sonagli di Adrienne Davis e neanche quel cambio di ritmo tanto agognato, quella parola sussurrata a fatica, quella nota che sembrava non arrivare mai. E nel frattempo forse anche il salotto di casa vostra può riempirsi di sabbia e diventare un deserto. Interiore, inesplorato, insaziabile, infinito.

Fate un posticino per il vecchio Dylan.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=n1cyyJwpPdU[/youtube]

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