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GIARDINI DI MIRÒ – Viper Theatre, Firenze, 20 aprile 2012

Piove a dirotto a Firenze e la giornata sembrerebbe proprio fatta apposta per rintanarsi all’interno di un bel locale come il Viper Theatre, ed  accogliere nel migliore dei modi il gradito ritorno dei Giardini di Mirò.  I migliori auspici vengono però smentiti: niente fila chilometrica al botteghino (eppure il biglietto aveva un prezzo “popolare”) e dentro al locale un atmosfera pacata, un silenzio “che parla”, ai limiti del rilassamento. Strano, perché i Giardini di Mirò rappresentano una delle costole più significative del rock made in Italy, con un disco nuovo di pacca da promuovere ed uno zoccolo duro di fan presenti in tutta Italia.

Sarà forse la crisi ormai imperante, sarà che il post-rock è morto e ce ne siamo tutti accorti ormai da tempo, sarà che questo nuovo “Good Luck” ha ricevuto consensi positivi solo a metà: fatto sta che i Giardini di Mirò attaccano la spina alle undici e mezza, davanti ad un pubblico quasi spazientito e non esattamente “delle grandi occasioni” (un centinaio di persone o  qualcosa in più), tra vecchie ”hit” e nuove produzioni. L’impressione è fin da subito quella di trovarsi di fronte ad una band alla disperata ricerca di una nuova identità: i GdM si sono probabilmente accorti che non si può vivere ancorati al passato (soprattutto quando il passato si chiama post-rock ed il presente l’ha ormai rimosso dalla memoria delle nuove generazioni): è necessario sapersi innovare, soprattutto se si vuol continuare a vivere di musica. Ecco allora spiegate le incursioni melodiche della ballad “Spurious Love” o il power-pop di “Ride”: un sound che si fa fatica a riconoscere, che veramente ha  poco a che fare con il precedente iter discografico della band. La bella cavalcata strumentale di “Good Luck” e lo space-rock della valida “Time on Time” sembrano per un attimo farci intravedere il gruppo che avremmo voluto ascoltare oggi sul palco del Viper, ma poi il live torna a perdere d’intensità, incanalandosi su binari malinconici (Corrado Nuccini docet) e fin troppo pacati. A nulla servono la pur bella voce di Georgia Mannelli (presa a prestito dai The Villains, ne sentiremo parlare) ed il bravo batterista Andrea Mancin.
I leader Jukka Reverberi e Corrado Nuccini, disposti alle ali del palco, alternano le loro voci tra lancinanti incursioni di Fender e Gibson, mentre Emanuele Jukka Reverberi ha il suo bel da fare tra mandolino, violino e tromba (bravo sì, ma davvero troppo “monocorde”).

Insomma manca qualcosa a questi nuovi Giardini di Mirò, gli vogliamo bene ma è inutile girarci attorno: questa nuova “linea” non convince del tutto, sia su disco che live.

a cura di Massimiliano Locandro

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