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Interviste

Intervista agli S.M.S. (MIRO SASSOLINI – CRISTIANO SANTINI – MONICA MATTICOLI – FEDERICO BOLOGNA – ANGELO GAMBETTA)

Intervista a Miro SassoliniCristiano Santini, Monica Matticoli, Federico Bologna, Angelo Gambetta. Cinque persone che hanno come elemento in comune la realizzazione dell’album “Da Qui A Domani” (clicca qui per leggere la recensione). Cinque menti che siamo andati a conoscere per capire meglio i processi che hanno portato alla luce questa ultima fatica sotto Black Fading Records.

A cura di Fabio La Donna.

Partiamo da un punto zero in comune per tutti. Avete voglia di presentarvi e spiegare il vostro ruolo in questo progetto?
Miro Sassolini
: Sono il co-fondatore del progetto. TrasMetto in melodia la parola di Monica Matticoli e cantandola la traghetto nel mondo.
Monica Matticoli: Ohi-ohi che domanda difficile Fabio! Allora, per fartela breve: dopo una laurea in Lettere, studi successivi in comunicazione e sistemica relazionale e, soprattutto, una ricerca innanzitutto biografica sull’identità di genere e sul rapporto fra parola, traiettorie di vita e autenticità, ho incontrato Valentina Tinacci con cui ho scritto «Venti lucenti unghie», una silloge di poesie messe in risonanza sulla medesima zona di ricerca: l’identità femminile.Nel 2009 ho conosciuto Miro e abbiamo deciso che avremmo lavorato insieme e che lui sarebbe tornato alla sua eccellenza, il canto. Miro voleva realizzare un disco dalle note intime muovendosi su sperimentazioni melodiche lontane dalle dinamiche del passato e in sintonia con chi è adesso: un uomo sulla soglia dei 50 anni con alle spalle un percorso non sempre lineare ma ostinatamente rivolto alla ricerca, anche artistica, dell’autenticità.Forte della mia esperienza con Valentina gli ho proposto la storia di Leonard, ovvero una biografia maschile: cosa c’è di più intimo di un uomo che racconta a qualcuno una parte della propria vita?Scrivere un progetto per un un uomo, per un artista come Miro Sassolini, significava far evolvere certe dimensioni della ricerca avviata con Valentina e spostare il dialogo femminile-femminile nella zona irta e complessa, poiché doveva risultare doppiamente credibile, del dialogo femminile-maschile.Completato il progetto narrativo consegnai a Miro il compito di dargli corpo e voce. A Cristiano e Federico, in seguito, consegnammo il compito di plasmare nella forma riconoscibile della canzone quel corpo linguistico-melodico con l’obiettivo di renderlo comunicabile all’esterno.
Federico Bologna
: Ho sentito parlare di questo progetto da Cristiano durante la fase di mastering del disco di Armoteque, il quale mi ha espressamente fatto capire che sarebbe stato un lavoro basato sulla parola-poesia e come tale mettere in un certo senso tutto il nostro mestiere ed esperienza al servizio di esse. La nostra è sempre stata una collaborazione ed amicizia che dura da quando avevamo 19 anni, perdurata nel tempo soprattutto anche grazie ad una grande stima e fiducia reciproca. Per questo, credo, Cris mi abbia fortemente voluto come spalla,braccio,mente per creare e sviluppare Da Qui A Domani assieme a Miro e Monica. Il mio è stato un apporto basato prettamente sulla tessitura musicale, armonico, timbrica generata da sorgenti classiche: strings, piano fender , hammond abbinate però a matrici analogiche come sintetizzatori modulari e sequencer. Mi piace ribadire questo, perchè si tratta di un disco dove le parti sono state suonate e registrate come se in studio ci fosse stato un vero registratore a bobina. Ci siamo infatti quasi voluti privare in parte di tutte le comodità che la tecnologia e il Morphing studio poteva offrire. Aggiungo che questo sentore di calore e di piccole imperfezioni, ascoltando il disco, a mio avviso si avverte parecchio e la cosa ci rende molto orgogliosi.
Cristiano Santini: Cristiano Santini, ex voce dei Disciplinatha band storica dell’underground italiano degli anni 90, oggi produttore e sound engineer con alle spalle decine di produzioni e collaborazioni. Attualmente lavoro presso Front of House Factory, una nuova ed importante realtà nata a Bologna ad inizio anno. Nel progetto S.M.S svolgo il ruolo di produttore artistico ed esecutivo, oltre ad aver scritto insieme a Federico Bologna, arrangiato, registrato e mixato le musiche di “Da qui a domani”.
Angelo Gambetta: Ciao sono Angelo Gambetta e sono il fotografo di quest’appassionante progetto. Sono nato a Racconigi, in Piemonte, e ci vivo. Ho iniziato a fotografare a quattordici anni grazie alla sensibilità di mio nonno materno che per il mio compleanno mi regalò una Agfamatic del 1970: fu grazie a questa macchinetta di seconda mano che cominciai a vedere le cose che ci circondano con un’altra prospettiva. La fotografia che prediligo è la street-photo minimalista e la sperimentazione fotografica di tipo teatrale. La mia ricerca mira a destrutturare il soggetto inquadrato, lo scarnifica fino a renderlo figura, disegno. L’immagine, modificata con l’ausilio di tecniche digitali, viene quasi estrapolata, spesso ridotta alla sua dimensione grafica, viene resa forma figurativa talvolta bidimensionale.

Miro, La tua voce è inafferrabile, sembra uscire dall’anima. Tutto ciò rende le tinte del disco ancora più intime e “spirituali”. Quanto ti sei immedesimato nei testi scritti da Monica?
Miro Sassolini: La mia voce è inafferrabile perché esce dall’anima. Già. Le azioni dei sensi se non sono belle non sono sensazioni. È sensazionale il gusto del bel sentire. Nei testi di Monica l’armonia dona il ritmo ai battiti, con il respiro segna le note ad una ad una, le divide, le organizza sul pentagramma dello spartito musicale. La lirica del principio scandita dai segni e dalle parole dispone nello spazio fonico la propria musicalità. Tutto il resto viene di conseguenza.

Come riesci ad ottenere una voce così intensa? Fai qualche esercizio o hai avviato un percorso sonoro particolare? A livello vocale cosa è cambiato rispetto ad esperimenti più recenti come «Rumore bianco»?
Miro Sassolini: La mia voce prima di essere uno strumento è un dono. Dono, talento, creatività, passione, studio, sperimentazione, esperienza, linguaggio. La vocalità sta nella musica, sta dentro la musica come un linguaggio che comunica suoni. Normalmente decido come utilizzarla in base al colore dei sensi che voglio stimolare, sollecitare. In «Da qui a domani» il canto non è cadenzato ma subacqueo, molto vario nelle sue forme e sfumature. Il canto riveste un ruolo complesso, oltrepassa le parole e la musica, ne sorpassa le logiche. In altre parole: il canto proviene principalmente dalle parole ma nei passaggi successivi è la melodia che diventa preponderante. Quando capisci che suoni rumori parole sono ‘solo’ dinamiche di onde, diventa tutta una questione di hertz: basta cambiare le frequenze.

Monica, nella recensione ho affermato che questo disco ha una forte simbologia, quasi rituale. Simboli di questo mondo sono l’amore, il tempo, lo spazio, la notte. Sei d’accordo con la mia visione? Riesci a dirmi altri “simboli” presenti nei testi che magari mi sono sfuggiti?
Monica Matticoli: Beh Fabio direi di sì, direi che condivido la tua visione. In particolare, condivido la lettura della dimensione simbolico-rituale e confermo la presenza di immagini reiterate. Diciamo che due sono i temi che volutamente ho inserito nel disco: l’amore, ovvero la relazione autentica con sé e con l’altro da sé, e il tempo: mai neutro, e risorsa non reintegrabile. Gli altri ‘simboli’ sono accidentali, giungono nella scrittura come ponti e consentono di spostare la narrazione da una zona a un’altra per generare cambiamento. In conclusione, «Da qui a domani» è un disco sull’identità, che per me è sempre relazionale, e sul suo ‘farsi’ nel tempo: l’amore in generale è la tensione che dà senso a questo processo, che dà significato a chi siamo e al tempo stesso.

Spesso hai accostato le tue parole al termine di immagine, quasi come una entità concreta senza troppi fronzoli. Vuoi approfondire?
Monica Matticoli: Semplificando: le immagini sono suoni, parole, pensieri, emozioni, visioni, sensazioni, sapori, odori. Nel nostro disco generiamo immagini coi testi, con la voce, con la musica: l’una dimensione non esiste senza l’altra. Il pezzo che, come mi hai scritto una volta, ti bacia di più l’anima, ovvero «Rimane addosso | la veste lacerata del risveglio», è nato mentre leggevo ancora una volta «Il Libro dei Mutamenti»: a un certo punto l’I Ching parla del vento che nel suo andare e venire segue leggi durevoli; come il vento, anche il nobile si muove col tempo e muta con esso. La canzone è il risultato del mio modo di interagire con quell’immagine e poi di quello di Miro e dopo ancora di quello di Cristiano e Federico e da ultimo del tuo bacio dell’anima, che non sta fuori rispetto al nostro lavoro ma dentro: «Da qui a domani» non esisterebbe se tu non risuonassi con esso, se tu non potessi fare esperienza del disco generando immagini che non sono imposte da noi ma che sono esclusivamente tue.

Federico, tastiere e sintetizzatori. Sintetizzatori e tastiere. Vuoi approfondire ulteriormente questo punto spiegandoci altre parti del tuo lavoro, sonorità che ti hanno ispirato o aneddoti legati alla registrazione di Da Qui A Domani?
Federico Bologna
: C’è stata una full immersion iniziale di qualche giorno in studio per entrare fisicamente e mentalmente sulla lunghezza d’onda del cantato, recitato di Miro, che tengo a ribadire fino ad allora non avevo avuto nemmeno l’opportunità di conoscere personalmente. Quindi siamo partiti da presupposti anomali per quanto riguarda almeno la mie precedenti esperienze in studio. Il tutto è proseguito molto all’insegna del puro istinto e grande intesa che si è creata in studio. In una fotografia tipo di questi giorni, si vedrebbe chiaramente Cris che dalla sua poltrona presidenziale detta tempi, misure ed il sottoscritto davanti ad un muro di sintetizzatori e sequencer che cablo, filtro, distorgo, manipolo synth con in bocca ed al collo una manciata di jack . La cosa meravigliosa di questo progetto, e io la considero un aneddoto (perché insolita) è che non c’è stato neanche bisogno di parlare, discutere, confrontarci tra noi su quello che stava per accadere o che avremmo dovuto suonare in quel momento. Simbiosi totale.

Come ti immagini questo disco in sede live? Che potenzialità può avere? In caso di futuri concerti sarai presente alle tastiere?
Federico Bologna: Da Qui A Domani potrebbe essere una mina vagante, o comunque difficile da immaginare in una rappresentazione all’interno del contesto live classico. Sicuramente i presupposti atipici che hanno portato alla creazione di questo progetto potrebbero anche indurre ad uscire dal tipico live set ed immaginarsi per esempio esecuzioni con performance che fanno forte leva sull’aspetto visual. Personalmente da spettatore vorrei vedere,sentire poche cose, importanti ed efficaci, privilegiando il puro impatto emotivo. Nell’immediato futuro ci sarà uno show-case di presentazione a fine aprile che mi vedrà direttamente coinvolto sul palco con gli altri artefici del progetto, portando le stesse emozioni che ci hanno accompagnato in fase di scrittura e registrazione, anche a chi vorrà assistere alla performance.

Cristiano, La base delle canzoni è molto elettronica tra il minimale e l’intimo. Come mai hai deciso di vestire i testi con queste sonorità?
Cristiano Santini: I motivi sono diversi: in primis, vista la natura dei testi e del progetto in toto, ho ritenuto che un tessuto musicale minimale ed elettronico si adattasse perfettamente all’idea di produzione artistica che mi ero fatto dopo aver ascoltato le liriche di Miro. Poi si tratta di gusti musicali personali. Ritengo che oggi sia proprio dal panorama elettronico che escano le cose più interessanti ed innovative mentre penso che il rock sia morto (da tempo), ammuffito e decisamente poco stimolante. In ultimo, ma non per importanza, volevo assolutamente evitare che da un progetto del genere nascesse il solito album di “musica d’autore”, spocchiosamente colto ed autoreferenziale…la strada che ho voluto percorrere è molto, ma molto diversa.

Nella promo sono presenti i remix di Disvelo e Petite Mort, entrambi piacevoli, soprattutto il secondo. Perché avete deciso di introdurre dei remix e come mai avete scelto proprio queste due canzoni? I remix sono ad opera di Niccolò Bruni? Come è nata questa collaborazione?
Cristiano Santini: Con Nik ci conosciamo e collaboriamo da tempo. Lui è un Dj in forte ascesa che si caratterizza per uno stile personale ed inconfondibile. Visto che negli ultimi anni ho mixato tutte le sue produzioni, mi è sembrato assolutamente naturale pensare a lui nel momento in cui ho deciso di includere due remix per la release digitale dell’album. La scelta dei brani è stata sua. Mi sono limitato a mandargli l’album dicendogli: “se c’è qualcosa che ti stimola, e ti piace l’idea butta giù due tracce”…cosa che ha fatto, come sempre, in modo impeccabile.

Angelo, all’interno del libricino, oltre ai testi, son presenti alcune tue foto. Come mai queste foto? Come ti sei orientato per fare la ricerca fotografica? Riusciresti ad abbinare ad ogni foto una canzone del disco?
Angelo Gambetta: Il mio ruolo nel progetto è cercare di dare alle melodie musicali e ai testi delle canzoni di Miro, Monica Cristiano e Federico un’immagine bidimensionale in bianco e nero che ne rappresenti in maniera decontestualizzata un percorso immaginario interiore: generalmente, quest’immagine non rappresenta un motivo ricorrente scritto espressamente nei testi delle canzoni.

Una tua foto è stata elaborata ed è diventata la copertina del disco. È stata una tua scelta o una decisione di gruppo? Cosa vi ha spinto verso tale direzione?
Angelo Gambetta: Effettivamente è stata una scelta di percorso: io ho proposto la copertina a Miro cui è piaciuta tantissimo perché traccia il percorso interiore della figura, quasi fosse un cordone ombelicale mediante il quale legare la forma astratta in copertina a quella interna. Miro ha proposto la foto a Cristiano che subito ha dato il consenso per la pubblicazione come copertina del disco.

Un’ultima richiesta: scegliete una delle dodici canzoni presente nell’album e parlateci di essa. Intervista finita. Volete aggiungere altro?
Miro Sassolini: «Dal vetro allo specchio». Creare una melodia ‘intima e confidenziale’ senza cadere nel banale è sempre difficile. In questo episodio, Monica narra l’incontro fra Leonard e l’amico Max. Leonard racconta e Max ascolta. Melodicamente ho fatto la stessa operazione. «Dal vetro allo specchio» è l’unico brano del disco (a parte la opening) in cui parola e canto non si fondono in un corpo unico ma si confrontano: si sfiorano senza mai toccarsi, come nel più classico dei ‘faccia a faccia’.
Monica Matticoli: «Semel heres», ovvero la canzone più difficile da scrivere poiché volevo raccontare il rapporto di Leonard, di un uomo, col padre, e volevo che fosse il perno su cui far ruotare la narrazione: se escludi «Oltremodo», che sta appunto ‘oltre’, ti rendo conto che il racconto si chiude con «Mai troppo chiuso il tempo»; pertanto le canzoni diventano undici e «Semel heres» è il ponte fra la prima parte del disco e la seconda.La divaricazione da me sarebbe stata massima richiedendo la scrittura di un simile testo l’uso di un linguaggio con scarti di differenza rispetto al mio usuale che in altri brani, per varie ragioni, potevo mettere in scena. In altre parole: volevo scrivere ‘come un uomo’ ma con la mia voce sottotraccia. Pertanto, ho letto e riletto Dylan Thomas, le sue immagini potenti e amate, come una divinazione. A un tratto, tutto insieme, il testo è arrivato. «Semel heres» è anche il brano che ha formalizzato il metodo compositivo mio e di Miro ed è nato intrecciando otto linee vocali, chiaramente senza musica: quando ho sentito il demo (a proposito di risonanza d’immagini!) l’ho trovato geniale, una sorta di canto gregoriano che suonava in me come un reading di Dylan Thomas – il che mi stupì ancor di più giacché Miro non aveva idea delle letture che avevo fatto per scrivere quel testo. Il brano in fase di produzione ha seguito altre vie ma un’eco rimane e poco ha a che vedere con le talvolta supposte influenze ferrettiane. A mio parere Miro e Ferretti, pur ‘cercando’ nella medesima zona culturale e spirituale, realizzano prodotti contigui, propongono modi artistici differenti di stare al mondo – il che è davvero una gran ricchezza, non solo per l’arte. Detto questo: magari durante un live riproporremo questa prima versione di «Semel heres», chissà…Ecco, direi che va bene così: niente da aggiungere per il momento, ho parlato abbastanza! Restituisco dunque la parola ai miei compagni di viaggio. Grazie Fabio, e alla prossima.
Federico Bologna: È difficile a questo punto essere obbiettivo, preferendo una traccia rispetto ad altre, però posso dire che all’interno di una scaletta di lavoro su quali tracce lavorare inizialmente, sicuramente “Dal vetro allo specchio” non figurava nemmeno nelle Top Ten. C’era un parlato, cantato il cui andamento proprio non mi ispirava. Insomma completamente bloccato. Porto il lavoro a casa, lo stravolgo, lo rendo veramente ostico. Cris lo ascolta mi guarda e mi dice “tu sei un pazzo” sorridiamo e chiudiamo uno dei miei brani preferiti di questa perla “Da Qui A Domani”
Cristiano Santini: Difficile fare una scelta…sono tutte “figlie mie” quindi non saprei. Se proprio devo parlarti di una nello specifico scelgo “Petite Mort” canzone che si discosta un po’ dalle altre tracce dell’album, soprattutto per la “solarità” del brano. Dopo aver registrato quella chitarra acustica molto “funky style” mi sono fatto una grassa risata pensando ai miei trascorsi musicali nei Disciplinatha, tutt’altro che solari e funky…ho guardato Federico e gli ho detto “cavolo Fred sto proprio invecchiando!!”. Petit Mort continua ad essere uno dei miei brani preferiti.
Angelo Gambetta: Penso sinceramente che la canzone in cui mi ritrovo pienamente è «Dal vetro allo specchio». Secondo me bisogna sapere invecchiare senza ricordare troppo le cose che ci hanno creato dei confini, soprattutto sentimentali, perché ogni giorno esiste una nuova energia che ti dà la spinta di sopportare il passato: in altre parole, le rughe rimangono ma la vita continua.

a cura di Fabio La Donna

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