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Horseback – Half Blood

2012 - Relapse
industrial

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Tracklist

1. Mithras
2. Ahriman
3. Inheritance (The Changeling)
4. Arjuna
5. Hallucigenia I: Hermetic Gifts
6. Hallucigenia II: Spiritual Junk
7. Hallucigenia III: The Emerald Tablet

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Che il progetto Horseback fosse un qualcosa di unico lo si era già capito ascoltando “Invisible Mountain”, capolavoro lontano dalle sperimentazioni ambient-drone degli inizi.

Questo nuovo “Half Blood”, in uscita sempre sotto Relapse come la ristampa dello stesso “Invisible Mountain” e la raccolta “The Gorgon Tongue”, si piazza esattamente a metà.
Ad un primo ascolto si nota subito che il disco risulta diviso, sia a livello di suoni che a livello di brani veri e propri, in due parti ben distinte.
Nella prima, in cui il sound dell’album precedente viene rielaborato e affinato, troviamo i brani più interessanti come la traccia di apertura “Mithras” e, soprattutto, la successiva “Ahriman”.
La formula è un quella di un proto-blues paludoso dai toni psichedelici e siamanici che richiama le atmosfere degli ultimi Earth (quelli da Hex in poi per intenderci), un po’ come se Dylan Carlson fosse cresciuto tra le paludi di New Orleans.
La terza “Inheritance” spezza un po’ l’atmosfera e mescola benissimo distorsioni quasi shoegaze a una certa psichedelia dai toni folk risultando molto evocativa.
Con “Arjuna” si chiude la prima metà e tra giri di basso circolari, chitarre acidissime e tappeti di organo sbuca, per la prima volta tra gli screaming, una voce pulita.
Le tre parti di Hallucigenia che occupano, nei 20 minuti finali, la seconda parte di “Half Blood” disegnano un crescendo di rumori e droni di chitarra e synth mantenendo perfettamente quella atmosfera desertica e arida che permea i solchi di tutto il disco.
Esempio perfetto è la bellissima “Hallucigenia III: The Emerald Tablet”, ponte tra Expo ’70 e il kraut-rock dei Neu!, dove un synth pulsante fa da base ritmica a un magma di feedback, chitarre in tremolo e delicate note di Rhodes.

Tirando le somme possiamo dire che questo lavoro di transizione, pur mantenendo un livello altissimo e una originalità fuori dal comune, disorienta e rimescola un po’ le carte in tavola, rispolverando certe scelte stilistiche che sembravano totalmente perse nel tutt’ora inarrivabile “Invisible Mountain”.
Per ora godiamoci questo bellissimo disco e vediamo cosa avrà da dirci Jenks Miller nell’ intervista che arriverà prossimamente.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=AsRJumiIU7s[/youtube]

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