Ne Obliviscaris: non dimenticare. Concetto semplice e diretto, ma che rimanda a un caleidoscopio di interpretazioni potenzialmente infinito, che risulta certamente affascinante ed emozionante, tanto quanto la musica proposta da questo intraprendente gruppo australiano.
“Portal Of I”, debutto del sestetto di Melbourne, è un concentrato di metal estremo, cangiante e multiforme, che spazia senza problemi dal death al black, dal prog al gothic, grazie a non comuni capacità compositive e interpretative. L’ambizioso progetto della band è dotato di tutto l’equilibrio strutturale e talento tecnico necessari alla sua completa riuscita, e infatti siamo al cospetto di uno degli album più validi e sorprendenti dell’anno in corso.
Sette brani, per oltre 70 minuti di musica, numeri che delineano i contorni di una proposta certamente complessa e molto articolata, che incorpora elementi affini a Opeth, My Dying Bride, Cynic, Agalloch, Intronaut, ultimi Mastodon, in un incessante proliferare e mutare di atmosfere e sensazioni.
La formazione include basso, batteria, due chitarristi, due cantanti e un violinista, permettendo un ampio ventaglio di possibilità e soluzioni (folk, flamenco, neoclassical, jazz), come si può apprezzare sin dall’opener “Tapestry Of The Starless Abstract”.
Il palese talento dei Ne Obliviscaris permette loro di mantenere un livello qualitativo elevato e costante, senza battute d’arresto o cali di tensione, sia che si tratti dei frangenti più heavy e d’impatto (“Xenoflux”, “As Icicles Fall”), sia nelle atmosfere acustiche e dilatate di “Forget Not”.
L’essenza tipicamente e genuinamente progressive della band emerge in modo spontaneo, come tendenza al gioco di rimandi e incastri compositivi, cambi di tempo, sezioni soliste, ma viene perfettamente bilanciata dalla costante esigenza/urgenza espressiva, la vera priorità comunicativa della band.
“Portal Of I”, a dispetto dei complessi e sofisticati elementi di cui è composto, è un’opera scorrevole e davvero appassionante, nella quale concetti come melodia, armonia e arrangiamento sono portati a un livello superiore, tale per cui il disco non esaurisce affatto le sue potenzialità in una manciata d’ascolti, ma continua ad avvincere e rivelare progressivamente i suoi segreti e le sue diverse sfumature.
Un piccolo grande capolavoro, che ribadisce quanto sia raro trovare contemporaneamente ambizione, talento e anima, all’interno di una stessa opera artistica.
Ne Obliviscaris, chapeau!
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