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Interviste

Intervista agli EGIDA AUREA

Avevamo parlato degli Egida Aurea nel primo numero di Viaggio Al Termine Della Notte (http://3.123.164.90/2012/05/10/speciali/viaggio-al-termine-della-notte-1-intercity-lotus-circle-vaura-dahlias-tear-egida-aurea/ ) dove affermavamo che il loro ultimo lavoro è una delle uscite più interessanti dei primi sei mesi del 2012.
Mossi da somma curiosità siamo andati a conoscere Diego Banchero.

A cura di Fabio La Donna.

Ciao Diego! Vuoi presentare brevemente il progetto Egida Aurea?
Diego: Ciao Fabio. Mi chiamo Diego Banchero. Faccio il musicista da quasi 25 anni. Ho cominciato come bassista elettrico prima studiando come autodidatta e successivamente continuando la mia formazione con diversi insegnanti italiani e stranieri.
Per anni ho anche svolto attività come insegnante (di strumento, musica d’insieme, teoria ed armonia, ecc.) e turnista e dalla fine degli anni ’80 ho iniziato ad interessarmi alla composizione.
Il mio esordio discografico è avvenuto nel 1996 con il progetto Il Segno del Comando (album omonimo) per l’etichetta genovese Black Widow Records. Fino ad oggi ho pubblicato 29 dischi tra LP e compilation.
Dal 2006 mi occupo prevalentemente di Egida Aurea. Un progetto che potrei definire neo folk anche se, a detta di molti, che sono più esperti di me in tali cose, le influenze che caratterizzano le sonorità della band trascendono gli stilemi artistici di questo stesso genere per attingere da altri ambiti come il rock progressivo, il cantautorato italiano e il folk genovese. Il gruppo, che ho ideato e costituito assieme a Carolina Cecchinato, si è via via evoluto con vari adattamenti della line up che oggi è composta da sei musicisti (oltre al sottoscritto e a Carolina troviamo Davide Bruzzi e Roberto Lucanato alle chitarre, Marina Larcher alle voci e Fernando Cherchi alla fisarmonica e batteria) oggi molto affiatati che, oltre ad aver realizzato l’ultimo disco Derive, si sono già messi alla prova più volte in sede live.
Dopo anni di attività come compositore, arrangiatore, coordinatore e direttore esecutivo di varie produzioni musicali, in Egida Aurea ho iniziato a cimentarmi anche nella scrittura dei testi (che in passato avevo sempre delegato ad altri) che sono il resoconto della mia continua attività di studio e lettura condotta in più direzioni e ambiti (alcuni di essi sono riconducibili a storia, meta-politica, sociologia, antropologia, esoterismo e psicologia).

Iniziamo a parlare della parte più esterna di Derive, la copertina. Una vecchia imbarcazione capitolata e ormai abbandonata a se. Cosa rappresenta? Chi è che si è occupato dell’ artwork?
Diego: L’artwork è stato realizzato da Alessandra Silva Carinelli; una carissima amica che, oltre ad essere un’abile grafica, è anche co-leader della prestigiosa organizzazione di concerti Das Rummel di Milano.
Derive è un album composto da brani che raccontano vicende eterogenee (talvolta provenienti dalla memoria, talvolta dalla realtà quotidiana e talvolta dall’immaginazione), ma che compongono il puzzle di una condizione generale di “perdita di rotta” e conseguente “naufragio” che caratterizza la cosiddetta società occidentale e che ogni giorno viviamo, subendone sulla nostra pelle le conseguenze nefaste, noi che ne facciamo parte.
Abbiamo cercato di trovare delle immagini che rappresentassero questo concetto e che si prestassero a rappresentare la “Deriva”, nel senso metafisico del termine, quale condizione di rovina e impoverimento.

Il vostro ultimo album esce circa ad un anno e mezzo da “La mia Piccola Guerra”. Il sound di Derive è molto più corposo e articolato. Attinge a piene braccia dal cantautorato genovese e italiano senza dimenticare certi influssi della gray area. Penso che questa ricerca era già presente nei lavori precedenti ma solo con Derive avviene nel massimo del suo potenziale. Condividi questa mi opinione? Cosa è cambiato in voi?
Diego: Oltre a condividere la tua opinione, sono molto felice di notare dalla domanda che anche tu abbia percepito una maturazione. Effettivamente, rispetto ai dischi precedenti, Derive ha contato sul lavoro di una squadra di musicisti ormai affiatati sia per quanto riguarda l’attività in studio che per quanto riguarda il live.
Abbiamo realizzato il disco in sei mesi dopo il ritorno dal WGT di Lipsia del 2010. Il tutto è stato composto e registrato con molta spontaneità (il lavoro di analisi e ragionamento è stato minimo) con lo scopo di catturare ed evidenziare le caratteristiche che il gruppo aveva maturato ed espresso dal vivo nel corso del tour di promozione del precedente LP (La mia Piccola Guerra).
Ciascuno dei musicisti attuali è pienamente coinvolto e motivato a dare il meglio e a cercare di compiere un ulteriore percorso di crescita artistica. Tutto ciò, oltre ad essere di arricchimento alle capacità individuali ha un influsso positivo su tutto il progetto. Raramente mi sono trovato a beneficiare di un clima simile e l’alchimia che si genera in casi come questo fa compiere passi importanti.
Chiaramente ognuno di questi ragazzi ha un indubbio talento innato (unito ad una grande voglia di mettersi in discussione e migliorarsi) che ogni giorno emerge con maggior sicurezza e mi riempie di soddisfazione. E’ bastato lasciare che ognuno di essi esprimesse liberamente le proprie potenzialità per raggiungere una maturazione generale che ha portato, tra l’altro, ad una originale definizione stilistica. Tutto ciò si ripercuote in maniera positiva soprattutto sulla parte esecutiva del lavoro. Gli arrangiamenti sono molto più curati che in passato, il tempo dedicato alla sperimentazione non viene mai sacrificato e la qualità generale delle nostre produzioni ne beneficia.
Circa la parte legata alla ricerca, si continua nella direzione da te ben descritta cercando di dare contributi nuovi all’opera di recupero e alla conseguente elaborazione tematica che accomuna un po’ tutti i progetti che calcano la scena di questa avanguardia artistica denominata neofolk (e che fa parte del più ampio calderone detto gray area). Il nostro contributo continua a spendersi principalmente in un’opera atta a salvare dall’estinzione tanti aspetti della nostra cultura che i miasmi della mondializzazione massificatrice vorrebbero soffocare.

A livello tematico c’è un grande scrigno di pensieri ed emozioni come l’amarezza, la rabbia, il contrapporsi. Ma anche il viaggio come ricerca interiore. Mi è piaciuto “vedere” in alcune canzoni il lavoro “il libro dell’orologio a polvere” di Ernst Junger dove si afferma che solo viaggiando si può capire se siamo schiavi del palazzo o liberi da esso. La musica come tramite per qualcosa di più intimo? Cosa rappresenta per te la musica che fai?
Diego: Il paragone con questa geniale opera dello Junger non può che onorarmi anche se ad onor del vero devo dire che essa non ha avuto, almeno direttamente, una influenza sui testi di Derive.
Effettivamente quello della ricerca interiore è uno dei territori su cui compio buona parte delle mie escursioni ed è anche uno degli aspetti che maggiormente caratterizza il mio songwriting rispetto a quello di altri compositori. Esiste un livello di crescita anagrafica, un livello di crescita intellettiva ed uno (di cui si parla raramente) di crescita emotiva. Se non si tiene conto di questo terzo percorso, anche l’intento più nobile di un essere umano dotato di un’intelligenza al di sopra della media, può naufragare con grande facilità nella dilagante tendenza all’impoverimento. Lo spessore interiore di un individuo deve essere verificato nella vita pratica di tutti i giorni. E’ il “chilometraggio” che, mettendo sotto stress l’emotività, permette la rispondenza tra la crescita virtuale e quella reale.
Se ci dovessimo fermare alla sfera simbolica per valutare gli effetti della cosiddetta “dissoluzione” sulla nostra interiorità rischieremmo di subire dei grossolani abbagli. In questi anni ho visto più volte individui (artisti, persone della scena e studiosi) parlare di tradizione, lotta alla globalizzazione e al disgregamento dei valori. Li ho visti recuperare retaggi culturali e iconografici rifiutando contaminazioni esotiche e nella vita emotiva presentarsi pienamente allineati sulle logiche individualiste della civiltà liberista.
Il problema maggiore a cui porre rimedio, per creare un uomo nuovo in grado di cogliere un “barlume di luce nella notte”, sta nel perseguire un livello di formazione interna che renda l’animo meno vulnerabile all’azione delle larve mentali che ci portiamo dentro, ritrovando almeno in parte l’”Egemotikon” (ovvero il sovrano interiore) che permetta di non regredire verso i livelli bassi di pensiero.
La nostra stessa scena è piena di individui che si atteggiano a profeti, analisti della realtà, si propongono come élite di pensiero pronti ad assumere il ruolo di guru e ad offrirsi come esempi per tutti coloro che cercano di trovare una direzione da seguire in quest’epoca buia. Peccato che poi, nella vita pratica di ogni giorno, molti di questi “maestri di vita”, dimostrino solo di essere dei miserabili pronti a calpestare senza scrupolo alcuno ogni valore umano.
La musica di Egida Aurea è ispirata anche dall’analisi dei difficili percorsi interni e delle conflittualità che ammalano l’animo dell’uomo dei nostri tempi (il mio in primis) spingendolo verso una condizione di vulnerabilità. Oltre al pericolo fisico, siamo esposti ogni giorno ad attacchi sul piano psicologico che per certi versi sono ancora più subdoli di quelli del primo tipo. Riuscire a mettere in atto una qualche forma di resistenza a questi attacchi è un prerequisito fondamentale senza il quale ogni tipo di difesa diviene vana. Lo scopo dell’analisi psicologica che ispira alcuni dei nostri brani è quello di presentare dei quadri mentali possibili che aiutino (coloro che ne abbiano l’intenzione), tramite un eventuale meccanismo di identificazione, a riflettere e a porsi delle domande, anziché a trovare delle risposte pronte.
Determinate forme mentali che oggi sono comuni (ed omologate come normali) non lo sono state in altre epoche e non lo sono in altri contesti culturali. Esse sono solo un segnale di indebolimento spacciato come salto evolutivo. Lo scopo delle nostre analisi spesso è quello di fare notare alcune stonature che all’orecchio meno fine passano inosservate. Stonature che possono essere di stimolo, se percepite, ad una maggiore presa di coscienza di quanto sta avvenendo di questi tempi.

Come avviene il processo creativo che porta alla nascita delle vostre canzoni? Sul versante live come vi trovate? Riuscite a trasmettere tutto il potenziale che si percepisce sul disco?
Il processo creativo è affidato prevalentemente al sottoscritto. Normalmente compongo delle musiche studiate ad hoc per fare da colonna sonora ai concetti che voglio trattare e successivamente procedo alla scrittura del testo.
L’aspetto live ha per noi molta importanza e abbiamo voluto sviluppare un repertorio privo di basi preregistrate. Ogni cosa che proviene dal palco è interamente suonata e si lavora con molta cura alla preparazione dei concerti per trasmettere al meglio la musica contenuta nei nostri dischi. Ci sono alcuni che affermano che Egida Aurea dia il proprio meglio proprio dal vivo. Certo è che il lavoro che compiamo sull’insieme è molto capillare e si cerca di non lasciare al caso nessun aspetto. Egida Aurea ha anche una particolarità rispetto alle voci e all’uso di parti corali che sono uno degli aspetti che maggiormente né caratterizzano la musica. Anche nella preparazione di queste parti dedichiamo molta cura.

In Derive ho notato maggiori riferimenti al prog riconducibile agli anni 70. Quanto ha influenzato il vostro passato e la musica che ho ascoltato oggi su ciò?
Diego: Il prog degli anni 70 è una delle mie maggiori influenze passate. Ho militato anche in diversi progetti prodotti dall’etichetta genovese Black Widow Records che è senza dubbio una delle più attive nella scena del rock progressivo (oltre che in quella del dark sound ad ampio spettro). Anche i musicisti che al momento militano in Egida Aurea hanno un tipo di formazione che comprende questo genere di sonorità. Posso dire che tale influenza emerge in modo molto spontaneo. Forse in passato abbiamo dovuto addirittura cercare di limitarla, ma in questa fase della vita del gruppo sta pian piano riemergendo e per certi versi tutto ciò ha un ché di liberatorio… forse perché si è tranquilli del fatto che non ci sono rischi che essa esondi invadendo il resto.

Intervista conclusa. Prima di salutarci lasciaci cinque canzoni che stai ascoltando in questo periodo. Vuoi aggiungere altro?
Diego: Purtroppo il tempo che riesco a dedicare all’ascolto è sempre poco, poiché buona parte della mia giornata viene assorbita dalla mia attività di musicista. Gli ultimi 5 brani che ho ascoltato comunque sono questi: Lass Mich Hinaus (Jannerwein), My Generation (The Who), Breacking the Law (Judas Priest), Suspicious Mind (Elvis Presley versione dei Fine Young Cannibals), Birdland (Weather Report).
Vorrei spendere solo alcune parole per ringraziare voi di Impatto Sonoro dello spazio riservatoci con la presente intervista e per salutare tutti i coloro che la leggeranno.

a cura di Fabio La Donna

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=KahhrAqEgJ0[/youtube]

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