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Beat'em Up!

Beat’em Up! #1: SPIDERMAN Vs SPIDERMAN – Sam Raimi Vs Marc Webb

Eravamo stanchi di film vecchi, introvabili e da nerd sfigati. Volavamo una buona scusa per andare al cinema e per fare i saputelli, e visto che a questo spazio dedicato essenzialmente al niente mancava un po’ di verve, abbiamo trovato una buona scusa per soddisfare la nostre esigenze e scrivere frasi lunghissime e sconclusonate degne del migliore David Foster Wallace.
BEAT’EM UP farà scontrare due pellicole (o più) tra originali, reboot, remake e sequel in uno match fisico e senza esclusione di colpi, solo per decretare chi sia il migliore!
E lo faremo così, a caso. Quando ne avremmo voglia e se ne avremmo voglia.

La prima puntata vede salire sul ring il Spiderman del 2002 di Sam Raimi contro il nuovo The Amazing Spiderman di Marc Webb in uscita in questi giorni nelle sale cinematografiche del Bel Paese.
Insomma, il rude e un po’ datato Jin di Tekken 3 sfida il suo omonimo nella versione più fica e sfrontata  di Tekken Tag Tournament pronto allo sbarco sulla seconda generazione di console.

FIRST ROUND

READY?

FIGHT!

Spiderman è forse (ma senza neanche tanto forse) il supereroe più famoso, la bandiera di una città (New York) e soprattutto il più importante eroe della sua casa editrice (la Marvel). Una tale popolarità, fa si che la sua storia (il morso del ragno, i superpoteri, la morte dello zio ecc. ecc.) sia universalmente conosciuta e non abbia quindi bisogno di tante spiegazioni. O almeno così la pensa Marc Webb. Il nuovo Spiderman non si sofferma tanto sulle origini e lascia scivolare tutto partendo dal presupposto (errato) che non serva riscaldare una minestra fredda. I personaggi appaiono così piatti, privi di umanità e non creano immedesimazione (la figura dello zio Ben è irritante, non vi dico l’inutilità di Flash Thompson o di Zia May). Errore che non compie Raimi, proponendo la nascita dell’eroe nella sua versione più classica, nell’intramontabile versione di Lee e Ditko del 1962. Insomma, Raimi sgancia da subito il mega pugno di Paul tramortendo Webb che sta ancora cercando di capire perché Law continua a saltellare come un ossesso. Il Peter Parker del primo film è lo sfigato (anche troppo), occhialuto che tutti conosciamo ed amiamo. Nella sua ultima rivisitazione troviamo invece un mezzo bullo con tanto di skate e capigliatura da indie-rock. A non convincere è anche la scelta dei comprimari perché, se nel primo film si chiamavano in causa nomi storici (Mary Jane ad esempio), nel secondo si cerca di strizzare l’occhio a vecchi fan (la bella di turno qui è Gwen), ma ci si dimentica dei capisaldi della serie a fumetti (dove cazzo è Harry Osborn?).
Punto dolente di tutti i film sui supereroi (o almeno quelli che ne raccontano le origini) e la classica sequenza-mega-sgammo, ovvero quella scena dove il nostro bardo eroe scopre di avere dei superpoteri e di non saperli ancora controllare. Mentre Raimi lo racconta con alcune piccole e furbe scene (il piatto, la rissa) e poi si addentra nel personaggio, Webb gioca malissimo la sua carta con un’improponibile sequenza di basket (checazzo! se uno frantuma un canestro saltando tre metri e due giorni dopo c’è uno che volteggia per la città, due domande te le farai no?! ) e la pietosa scena della metropolitana (chi vedrà capirà). Un harakiri degno del migliore Yoshimitsu per il giovane regista di 500 giorni insieme che consegna la vittoria del primo match al cinquantatreenne Sam.

ROUND TWO

READY?

FIGHT!

Altro punto fondamentale per analizzare i due film è la scelta del cattivo. Raimi punta su l’Heihachi Mishima della serie, il nemico per antonomasia del tessiragnatele: Goblin aka Norman Osborn. Scelta ovvia e dovuta visto che questo era il primo film. Primo nel senso che oltre ad inaugurare una trilogia (terribili gli altri due), aprirà le porte di Hollywood alla Marvel. Che fa il caro Mark? Poteva scegliere un Kazuya qualsiasi? Si, ma non lo fa. Sceglie un antagonista certamente di spessore nei fumetti, ma meno funzionale sullo schermo. Sicuramente forzato da scelte produttive (è il primo di altri capitoli e si cercherà di legare i vari villain della serie), il personaggio di Lizard risulta ridicolo e poco congeniale sia alle scene d’azione, sia ad un intreccio narrativo veloce, sconnesso e banale. Anche qui Raimi scaraventa in aria, con una presa degna del migliore Armor King, l’indifeso Webb che ha per le mani il piccolo Gon. L’unico colpo di coda lo da con il cameo di Stan Lee, che per quanto divertente sia, risulta comunque slegato e forzato nella continuità del film. Il colpo finale Sam Raimi lo da in puro stile, come solo sa combattere Lei, con una sequenza finale da brivido che lascia ancora oggi lo spettatore ad occhi aperti. Marc Webb si difende come può, ma la sua finale speranzosa non convince. Peter Parker è uno sfigato con delle responsabilità enormi e così deve restare!

PLAYER 1

WIN!

Una scelta di marketing di dubbia validità. Come fu per il Tekken Tag Tournament, questo nuovo reboot non presenta niente di nuovo o realmente innovativo. Non basta una grafica nuova, un po’ di effetti speciali e qualche new entry a spodestare Tekken 3 dal trono dei picchiaduro.
Il Spiderman di Raimi vince (anzi stravince) stracciando il principiante. Se fosse uscito con il titolo di Ultimate (visto che si rifà molto a questa collana secondaria dell’universo Marvel) invece che Amazing, avremmo perdonato un po’ di più il povero Webb. A danneggiarlo soprattutto è la volontà di mostrare tanto, ma dire poco, per incuriosire il pubblico in vista dei capitoli che chiuderanno (come sempre) l’ennesima trilogia. Il primo Spiderman resta uno tra i prodotti più alti della Marvel Invasion al cinema. Vuoi per la cura dei dettagli, vuoi per il momento in cui è uscito, ma soprattutto per l’amore che il regista Sam Raimi ha verso l’amichevole Uomo Ragno di quartiere. Un amore che il sottoscritto approva a pieni voti!

INSERT COIN

a cura di Fabio Reato

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