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Dead Can Dance – Anastasis

2012 - 4AD
wave

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Tracklist

1.Children Of The Sun
2.Anabasis
3.Agape
4.Amnesia
5.Kiko
6.Opium
7.Return Of The She-King
8.All In Good Time

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Nel brodo degli anni 80, tra l’ondata gotica e i crolli nervosi della wave, uno dei gruppi che è riuscito a diventare famoso, pur rimanendo fedeli alle proprie origini, sono i Dead Can Dance.

Duo composto da Brendan Perry e Lisa Gerrard che esordisce con un album omonimo nel 1984 sotto 4AD, un disco ruvido e molto legato alle atmosfere dark wave e a un mondo ritualistico e sotterraneo. Da qui l’inizio di un’avventura che ha portato i due a riscoprire la musica tradizionale, la ricchezza compositiva e il settore delle colonne sonore (Il Gladiatore, Miami Vice, S. Darko, ecc). Il risultato che scaturisce dai loro dischi non è mai la somma degli addendi e delle influenze, bensì una ricerca del nuovo, fuggendo dal banale e inserendosi in un mondo antico e incontaminato fuori dagli schemi pre-confezionati di gran parte dei musicisti anni 80. Tutto questo fino al 1996 con l’uscita di Spiritchaser, il loro ultimo album. Lisa Gerrard proseguirà con una carriera solista e svariati best-of. Infine il silenzio, quel silenzio perenne. Nel 2005, qualcosa si muove, riparte il tour e svariate esibizioni vengono registrate e distribuite. Di nuovo silenzio, poi nel 2012 escono svariati EP live e finalmente il nuovo disco, chiamato Anastatis. I Dead Can Dance, come la flora presente nell’artwork, hanno delle radici profonde ma contemporaneamente cercano di arrivare al sole riuscendo a rinascere per l’ennesima volta. Proprio come l’anastasi greca e la resurrezione come forma di riscatto dai dolori della vita materiale. Il disco inizia con Children Of The Sun che apre le danze con atmosfere neoclassiche e oniriche che si fondono dolcemente con la voce di Brendan Perry mente una ritmica lenta e incisiva scandisce i tempi e detta le regole. Una canzone, che nel più classico degli immaginari del gruppo, parla dei legami con la natura, del senso della memoria e ai più svariati richiami di una cultura tradizionale. Una buona fetta del concept di questo disco ruota attorno al concetto di memoria, alla rinascita e alla perdita della propria identità. Per esempio nella più minimale Amnesia si assiste a un lungo viaggio mentale tra l’amnesia del singolo individuo e l’amnesia della cultura di una società moderna, dove non sono i fatti a dettar ragione ma le mode e i media. In mezzo a tutto questo collasso un uomo nudo che cerca di ritrovare i propri frammenti di vita. It’s so hard to see just who you are. Kiko e Opium dai richiami più orientali e tribali costituiscono la spina dorsale del disco e nel sentirle si può “annusare” e rivivere tutta la carriera dei Dead Can Dance in soli tredici minuti. Proprio Opium, la più oscura del disco è un lungo trip mentale e per la sua particolarità è la più bella di Anastatis.

A chiudere l’album, All In Good Time. Essenziale, sublime e semplice come la nascita della vita e che rende degna conclusione ad uno dei dischi più belli dell’anno.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=zReWPjreJzI[/youtube]

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