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Matthew Dear – Beams

2012 - Ghostly International
electro/experimental

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Tracklist

1.Her fantasy
2.Earthform
3.Headcage
4.Fighting is futile
5.Up & out
6.Overtime
7.Get the Rhyme right
8.Ahead of myself
9.Do the right thing
10.Shake me
11.Temptation

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Se citi tra le tue fonti di ispirazione Brian Eno hai già catturato la mia attenzione e dimostri di aver capito il senso della musica. Beams di Matthew Dear è un lavoro piuttosto digeribile grazie alle riconosciute capacità del dj texano. È chiaro che la strada principale è quella di un’elettronica “a modo”, elegante e lounge, tipica di club alla moda e di seratine finite possibilmente bene.

È anche vero che la voce di Dear non permette lirismi particolarmente variegati, sembra quasi una ridondante cantilena da fabbrica ma senza la classica ruvidità. La storia di Dear, tuttavia, è ben legata ad ambienti techno poco raffinati come quelli della scuola di Detroit ed in parte ancora si sente una piccolissima eco che ricorda l’esordio insolente di Leave luck to heaven del 2003 che celebrava il felice con nubio tra la realtà techno ed un meno conosciuto minimal-pop mai fuoriluogo nell’intero lavoro. Da lì in poi è evidente come la linea compositiva e le fonti di ispirazione di Dear abbiano subito l’incredibile fascino della club-scene newyorkese e a partire dal penultimo Black city fino ad oggi è chiaro come l’evoluzione abbia preso definitivamente piede in studio e il risultato finale è questo mix di sonorità puramente techno e limpide divagazioni pop che percorrono per intero gli undici brani del disco e che danno grande risalto al tono oscuro delle melodie vocali. È chiaro che non si può non rimproverare qualcosa a Dear, le composizioni risultano abbastanza godibili ma per un lavoro del genere erano sufficienti anche 6-8 brani, diluire troppo la minestra rende la portata insipida e ne mortifica gli sforzi. Ascoltare piece orecchiabilissime come Overtime ed Earthform ci rimanda con la mente ad altri brani come Fighting is futile e Headcage ed, inevitabilmente, tutto questo distacca l’attenzione dell’ascoltatore dal lavoro che può trovare qualche senso nel background di qualche club alla moda, ma che non è facilmente consumabile al di fuori di questo contesto. Per assurdo, abbandonando i toni “dark” tipici del più apprezzabile Black City, è il brano che chiude la track list, Temptation, a risultare di maggior interesse per l’aspetto compositivo o perlomeno si distingue dalla massa grigia delle altre composizioni.

Dear, di rimando ad ispirazioni “alte” come il già nominato Eno piuttosto che a Bowie o Brian Ferry si è lasciato coinvolgere un po’ troppo da dimensioni che non appartengono al suo background sonoro e il risultato è un po’ confuso, godibile, forse troppo lungo, ma confuso.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=l7GB8IJs6ic[/youtube]

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