“An Introduction to… Laibach / Reproduction Prohibited”. Titolo esplicito ed esplicativo, per questa compilation molto sui generis, che raccoglie in massima parte cover, oltre ad alcuni remix, del geniale collettivo industrial sloveno.
Dopo ben 20 album pubblicati (16 in studio, 2 live e 2 raccolte) a partire dal lontano 1984, l’ala musicale dell’ambiguo ed enigmatico movimento artistico-politico Neue Slowenische Kunst – NSK, compie una necessaria opera di sintesi, attingendo alle varie fasi della sua carriera, per condensarle in un unico disco, quanto mai denso di significati e riferimenti, sia palesi che allegorici. Come sempre quando ci sono di mezzo i Laibach il livello interpretativo superficiale ed esplicito è solo la punta di un iceberg comunicativo e artistico ben più profondo e strutturato, che mira alla destrutturalizzazione della cultura pop contemporanea, utilizzandone gli stessi elementi cardine.
Si parte con una carichissima versione di “Warm Leatherette” (originariamente incisa dal boss della Mute Records, Daniel Miller, sotto il monicker The Normal), tutta riffoni distorti e vocals marziali (elementi nei quali emerge prepotentemente tutta l’influenza che hanno avuto sui Rammstein). La seconda traccia è quel capolavoro di coverizzazione di “Ballad Of A Thin Man” (Bob Dylan, ovviamente), che riesce ad appropriarsi completamente del senso di oscura angoscia e sfasamento della realtà, proprio del testo originale (correva l’anno 1965).
Altri highlight del disco sono senza dubbio “Anglia”, brano proveniente da “Volk” (2006), interessantissimo album in cui i Laibach si sono messi alla prova con la reinterpretazione di vari inni nazionali, con risultati, come in questo caso, veramente sorprendenti. “B Mashina” ci riporta invece al presente, più precisamente alla colonna sonora di Iron Sky, film sci-fi indipendente, cofinanziato da Finlandia, Germania e Australia, il cui autore, Timo Vuorensola, si è dichiaratamente ispirato ai Laibach, in un gioco di rimandi artistici e culturali raramente così multimediale e fertile.
Lo spirito genuinamente irridente e anticonformista del gruppo sloveno si ritrova appieno nella cover della hit ottantiana “The Final Countdown” (la cui melodia è stata scritta dal buon Joey Tempest all’età di 12 anni), ricostruita come pezzo da dance-floor techno. Altra tappa fondamentale della carriera dei Laibach è stato “Let It Be” (1988), album che, come si può intuire dal titolo, non è niente di meno che la coverizzazione dell’intero ultimo album dei Beatles, qui rappresentato da “Across The Universe” e da una durissima e “Get Back”.
Continuando con Juno Reactor, Queen, DAF, Opus e Bino, la tracklist di questo “An Introduction to…” si attesta su livelli davvero eccellenti, con un equilibrio ineccepibile fra ricerca artistica, lavoro semiotico sul comparto lirico, e semplice impatto frontale, che in ogni caso fotografa alla perfezione molte delle diverse stagioni dei Laibach, rendendo ben percepibile la loro elevata caratura artistico/culturale, talvolta celata dietro a una maschera sensazionalista, controversa e ambigua, che va però intesa come puro elemento estetico e iconografico di un collettivo musicale quanto mai colto, sfaccettato e polimorfo.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=PlEOsXG619w[/youtube]