Dietro all’imperscrutabile “nick” Transmontane si cela la figura di Ryan Duncan, fondatore e proprietario dell’etichetta discografica Sick Room Records LTD, allocata in quel di Chicago. ‘Staring Back At You’ è il secondo tentativo solista di Ryan Duncan, che sicuramente avrà dalla sua un’indubbia propensione nello scovare talenti nascosti e metterli sotto contratto: dispiace non poter usare le stesse parole quando si tratta di descrivere il suo tentativo di passare dall’altra della “barricata”.
Il talento, si sa, è un qualcosa di ineffabile, o lo si ha nelle proprie corde oppure no, e non c’è niente da fare: non lo si può costruire a tavolino o “infiocchettare” a proprio piacimento.
Ciò che indubbiamente difetta in “Staring Back At You”, e lo si percepisce immediatamente dal primo ascolto, è la varietà di suoni e di “colori”: l’album, che dovrebbe svolgersi in undici tracce distinte, si rivela invece un’ incessante riproposizione del medesimo mood.
Il problema non è tanto quello di valutare la presunta bellezza o bruttezza delle singole canzoni (l’iniziale “Molecules” è ispirata ed intensa quanto basta per garantire un ascolto piacevole e tutt’altro che distratto) ma di dare un valore al senso generale dell’album nel suo complesso, che riproduce per undici volte di fila la stessa linea melodica, con uguali tempi, medesime emozioni, simile durata.
La monocromaticità di ‘Staring Back At You’ è tale da metterne in ombra qualche aspetto pur meritevole di lode, a cominciare da alcune ispirate liriche folk che rimandano talvolta agli Smog e talvolta a Neil Young, ruvide distorsioni indie-rock di buona fattura ed una voce che seppur non perfetta ha un suo “perché”.
Inutile cercare di individuare una traccia che si metta più in luce delle altre, per i motivi già spiegati sopra: “Staring Back At You” ha proprio l’apparenza di un’evanescente “sit-com” tirata per le lunghe, che svolge i suoi intrecci attorno ad un’unica emozione.
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