Impatto Sonoro
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TIM HECKER – Chiesa Evangelica Metodista, Roma, 30 novembre 2012

Che relazione sussiste tra il Canada, terra natìa di Tim Hecker e l’Islanda? No, non ha nulla a che vedere con Bjork e il suo compagno Matthew Barney, noto artista e trasformista. Il punto è un altro: in un giorno random del luglio 2010, Hecker suona l’organo in una chiesa, compone e, con l’aiuto di Ben Frost, registra, quasi in presa diretta, quell’opera il cui nome diverrà “Ravedeath 1972”. Sono consapevole del fatto che la paratassi suoni male. Di ritorno in Canada, rielabora il materiale ottenuto e pubblica quella bella storia sonica, giocata sul rapporto tra sacralità e sacrilegio.
Il 19 novembre duemiladodici vede la luce la collaborazione tra Daniel Lopatin (meglio noto come Oneohtrix Point Never, nonché titolare dell’etichetta Mexican Summer) e Tim Hecker. “Instrumental Tourist”.
Il titolo non tira molto, ma vabbè, lasciamo alla Scuola di Costanza questo genere di elucubrazioni. I due artisti, pur mantenendo la loro specifica individualità, producono un’ opera che è evocazione destrutturata del suono, basata su una coesione tra forma e contenuto.
Insomma roba buona, pur essendo agli antipodi, negli intenti, rispetto alla frattura e discontinuità del perturbante EP “My love is rotten to the core”.
Dunque, grazie a Chorde, mi è stato possibile partecipare all’Evento che nel suo accadere, rivoluziona la concezione del Tempo: Tim Hecker alla Chiesa Evangelica Metodista di Roma.
Set di cinquanta minuti circa ed esecuzione per intero di “Ravedeath 1972”. Sale sul presbiterio, buio, propagazione sonica ambientale tratteggiata da incursioni costituite da drone, vibrazioni, atmosfera ascensionale, riverberi completati da giochi di luce che tratteggiano la croce sullo sfondo, la quale iconicamente tiranneggia nel suo furore austero. Il flusso sonoro, nessuna interruzione, da ombra primordiale, acquista consistenza materiale, si fa per degli attimi duro.
Esempio magistrale di coinvolgimento ricettivo dello spettatore.

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