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Mamavegas – Hymn For The Bad Things

2012 - 42 Records/Rough Trade
indie/pop/post/rock

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Tracklist

1. Mean and Proud (Beauty)
2. Sooner or Later (Time)
3. Argonauts (People)
4. The Stool (Hope)
5. Solid Land (Nature)
6. Black Fire (Trust)
7. Tales from 1946 (Love)
8. Winter Sleep (Faith)
9. Self-Portrait In Four Colours (Happiness)
10. For The Bad Things (Hymn)
11. Our Love (Tales from Today)

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La forza di un disco sta nel rimanere impresso e, con l’espressione “rimanere impresso” non mi riferisco al canticchiarne un motivetto che per qualche strana ragione del marketing ci rimbomba invasivamente in testa. Mi riferisco alla sensazione di essere stati toccati, in un certo senso anche raggiunti da qualcosa di non ben identificato ma, al tempo stesso, di molto preciso. È qualcosa che va in profondità e non ti abbandona riuscendo a farti entrare in contatto con te stesso.

Questo è “Hymn for the Bad Things”, il primo disco dei Mamavegas. Il lavoro d’esordio, distribuito a giorni in Europa da Rough Trade, e negli Stati Uniti e in Sudamerica da The Orchard, è stato battezzato in Italia dalla 42 Records, casa discografica indipendente diventata sinonimo di qualità. “Hymn for the Bad Things” è più di concept album, è una lente d’ ingrandimento particolare, quasi magica, di quelle che spogliano gli oggetti delle loro corazze permettendoti di vedere la vera essenza delle cose.
Marco Bonini, Emanuele Mancini, Andrea Memeo, Daniele Petrosino, Francesco Petrosino e Matteo Portelli vengono da strade diverse ma, con l’unione delle singole esperienze, hanno dato vita ad una band che sembra essere insieme da sempre, muovendosi nella composizione con coesione e creatività.
Gli undici brani del disco hanno due titoli, quasi a rendere esplicita una seconda anima del brano, che non contrasta con la prima. È come quando ci si ferma a guardare la mezza luna, l’altra metà è al buio ma è sempre lì. I Mamavegas ci raccontano l’altra metà della luna.
La parte strumentale sembra ripercorrere lo stesso tracciato: la musica ti mette nelle condizioni di scoprire la parte vulnerabile, quella che teniamo sempre al buio, che vogliamo nascondere il più possibile. L’elettronica si fonde con gli arpeggi di chitarre, gli archi, i fiati, e la voce sussurrata accompagnando chi ascolta in questo viaggio, senza mai strattonarlo, facendo anche dei passi indietro quando la strada diventa sempre più buia.

Che altro aggiungere? A noi non resta che ringraziarli per il viaggio.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=MIALAOQTf_4[/youtube]

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