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Interviste

Intervista a VIVA LION!

Da qualche settimana è uscito “The Green Dot Ep” il disco d’esordio di Viva Lion! Il disco colpisce per la sua capacità di arrivare in profondità, di toccare le viscere e di scatenare pensieri frenetici e placide riflessioni. Il risultato è una serie di domande che vanno al di là del disco stesso e che svelano, almeno in parte, chi è Daniele Cardinale, in arte Viva Lion!.

Un Ep nato nell’ “On The Road” dell’anima, una realizzazione on the road…poi il mini tour californiano: che rapporto hai con questa dimensione da girovago?
Viaggiare mi fa bene. Aver vissuto all’estero (Canada e California) mi ha aperto i pori della conoscenza, della curiosità intellettuale. Soprattutto Toronto, insieme a New York e Londra la città più multiculturale del mondo, mi ha arricchito moltissimo da un punto di vista personale. E questo incide anche sulla mia musica.

Il lavoro risente delle esperienze fatte per strada, dell’essere un musicista a 360° che solo il contatto con la gente può costruire. Cosa ne pensi?
Le esperienze le ho fatte nelle case più che nelle strade, nel senso che ho amici sparsi un po’ in tutto il mondo e ogni viaggio è ormai un tornare a casa. Una casa che non è la mia ma, come si dice, “mi casa es tu casa”. The Green Dot EP è fortemente influenzato dalla mia esperienza americana e ha radici nel mio passato canadese. Direi il Canada per i suoni, la California per i contenuti.

Anche la musica e gli arrangiamenti dei brani sono realizzati “dal basso” (ndr: non ci sono batterie, tutte le percussioni sono suonate battendo mani e piedi, usando il legno e altri oggetti trovati in studio): un altro modo per dare un’impronta verista all’Ep?
E’ successo tutto con molta naturalezza e grande libertà espressiva: in origine quei brani erano fatti di una voce e una chitarra acustica. Abbiamo voluto aggiungere altri suoni dove e come ci piacesse senza snaturare quel mood. Non è stata una scelta forzata, piuttosto un momento creativo condiviso tra amici musicisti.

In Canada sembra tu abbia fatto un salto: cosa ti ha dato la terra della foglia d’acero?
Molto maple syrup! A parte gli scherzi, tanta libertà, tanta quanto gli spazi meravigliosi della natura canadese. Il mio trasferimento a Toronto è coinciso con un periodo delicato della mia vita ed ha significato senza dubbio una rinascita. Dal punto di vista musicale, il Canada ha tanto da offrire, nel folk ma anche nel rock cosiddetto indie. Lì avevo una superband gospel/acoustic con dei musicisti diventati carissimi amici. Due chitarre acustiche, piano e una decina di voci ma anche tanti concerti punk! Insomma, molta libertà d’espressione che porta spesso a risultati eccellenti. Potrei citare molte band e artisti che hanno valicato i confini americani e che stanno avendo riconoscimenti in tutto il mondo, penso per esempio a Feist e City And Colour.

E parliamo anche di questi amori a distanza: che rapporto hai con le separazioni?
Dobbiamo parlarne per forza?! Ho un pessimo rapporto con le separazioni, anche se ultimamente ho imparato a gestirle e a cercare di trovarne i risvolti positivi. Di solito ho un buon rapporto con tutti e anche se nelle relazioni che finiscono è più difficile, sto lavorando con discreti risultati ad atterraggi meno burrascosi. Se ti riferisci alla ragazza americana che ha ispirato il concept di The Green Dot EP, c’è grande affetto e stima reciproca ed è molto contenta degli ottimi riscontri che sta avendo il disco.

Velvet, Roads Collide, Gipsy Rufina e Megan Pfefferkorn, …: cosa ti hanno dato questi artisti al di là del lavoro professionale?
Questo è il frutto di quanto vissuto in Canada: condividere è più bello che competere. Da qui le collaborazioni con musicisti che apprezzo, tutti dotati di grandissimo talento, e amici. Dei Velvet, ognuno di loro ha qualcosa da insegnarmi, suggerimenti, approccio, professionalità. Roads Collide è un diamante grezzo. Gipsy Rufina è un punto di riferimento per me, un vero giramondo che coltiva la sua passione per la musica senza fare rumore. Megan è stata una scoperta: è semplicemente bravissima, ho avuto la fortuna di suonare con lei in California e stiamo lavorando ad un suo brano. Sicuramente tutti rappresentano un arricchimento dal punto di vista personale oltre che musicale.

Claudio Falconi: come nasce questo duo?
E’ nato l’estate scorsa, a luglio, due giorni prima di un mio mini show. Ci ha presentati Gianka, il batterista dei Velvet e poche ore dopo eravamo in sala a provare. Da quel momento abbiamo iniziato a suonare insieme, praticamente tutti i giorni e ovunque. Abbiamo un’intesa sul palco incredibile se pensi che abbiamo suonato insieme solo per cinque mesi e che il primo concerto insieme lo abbiamo fatto dopo due giorni che ci conoscevamo! Siamo diventati molto più che semplici bandmates, abbiamo condiviso case, amicizie e famiglie. Ora vive a Los Angeles e stiamo progettando un nuovo tour americano.

Perché la decisione di chiudere con Footlose?
Una volta per caso ho riascoltato quella canzone. Ho una vera passione per le cover riarrangiate, e così ho deciso di inserirla nell’EP. Il testo di Footloose era perfetto per chiudere il concept del disco.

L’ultima domanda vorrei fartela con lo sguardo proiettato verso il futuro: di ciò che hai maturato e vissuto fino ad ora cosa speri di portarti dietro nei prossimi anni?
Bella domanda. Io credo che buona parte dei riscontri positivi che sta avendo The Green Dot Ep venga dal fatto che si sente che è un lavoro sincero, heartfelt per dirla all’inglese. Quindi direi la voglia di suonare, di mettere la musica suonata e condivisa al primo posto nella gerachia della “music machine”.

A cura di Azzurra Funari
Foto di Stefano Delia

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