A 3 anni circa dal non certo entusiasmante “I mistici dell’Occidente”, ecco nuovamente i Baustelle con questa ultima fatica, un progetto davvero importante ed imponente nella accezione più ampia del termine, dalla produzione alle sonorità e liriche, passando per l’hype che c’era e c’è tuttora attorno a questo nuovo lavoro di Bianconi e soci e non tralasciando nemmeno le dimensioni che i live dovranno necessariamente avere.
Dimenticatevi dunque di Charlie e del suo surf, mettetevi comodi, senza fretta e lasciate “Fantasma” on air per più di qualche ascolto e soprattutto state ben attenti a non esprimere giudizi affrettati, in un senso o nell’altro, prima di essere certi di averlo interamente metabolizzato ed assimilato.
Tale attenzione si rende necessaria visto che questo è un album che certamente dividerà sia per le canoniche motivazioni soggettive, giacché i gusti non sono assiomi matematici ma variano da essere umano ad essere umano, da momento a momento, ecc., sia perché da sempre in Italia quando il chichessia artista raggiunge un certo livello di fama e notorietà smette immediatamente di essere considerato (= apprezzato) “indie” e finisce in quel calderone musicale nazional popolare contenente di tutto e di più. A tutto ciò si aggiunga il fatto che questo in particolare è un lavoro che per come è strutturato e scritto, per come suona, per come rimanda ad altre contesti ed epoche, non può che avere un esito controverso con due fazioni contrapposte in maniera piuttosto netta: chi lo amerà e ne parlerà come di un’opera d’arte e chi, al contrario, storcerà la bocca e ne elencherà con minuziosa dovizia difetti e smagliature.
Ecco, una volta tanto preferisco essere moderato e centrista: “Fantasma” è indiscutibilmente un gran bel disco, arioso, ottimamente scritto ed arrangiato e che ci pone di fronte ad una band che riesce ancora una volta ad apparire impegnata ed allo stesso tempo market – oriented, il tutto senza perdere un dannato filo di credibilità. Ma non è un capolavoro o per lo meno io non lo reputo tale visto che non trovo spunti così innovativi rispetto a ciò che è già stato, sia in casa Baustelle sia presso altre “dimore”: mi pare infatti che Bianconi e compagni non abbiano fatto altro che tornare indietro di qualche anno, in particolare ai tempi di “La moda del lento”, ampliando però i contorni sonori della propria proposta a tal punto da farvi entrare una vera e propria orchestra.
L’approccio resta infatti il medesimo di sempre, raffinato, colto, bohemienne e cinematografico. La vera novità risiede piuttosto nel modo di porsi, (finalmente) meno snob ed elitario rispetto ai precedenti lavori e che li porta a parlare dei propri sentimenti e delle proprie storie in prima persona e con un pessimismo (o realismo) di fondo quasi tangibile e che dona alle liriche una quotidianità ed una schiettezza inedite ed impreviste. Sembra cioè che i Baustelle, arrivati al culmine della propria maturità (anagrafica ed artistica), abbiano trovato la voglia e / o la forza di guardarsi allo specchio, nudi e senza filtri o veli per valutare il proprio cammino, personale e professionale, parlando di passato e futuro ma con lo sguardo costantemente rivolto all’oggi, al presente.
Concludendo, “Fantasma” è un album che conferma la formazione toscana come una delle band più importanti nel panorama italiano e che ora più che mai dà l’impressione di avere davvero (ri)trovato la propria prospettiva artistica, che non sarà rivoluzionaria ma credibile e significativa assolutamente sì.
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