In una recente intervista Fenriz ha sottolineato come “il black-metal abbia sempre avuto uno humour di fondo, caratteristica che è spesso mancata alla maggior parte di quei gruppi che, cavalcando la moda e seguendola come pecore, si sono presi sempre troppo sul serio..”. Roba insomma da far esaltare solo i ragazzini brufolosi o chi ha scoperto a trent’anni che esiste una musica estrema.
I Darkthrone, tra alti e bassi, sono sempre stati l’emblema di come si possa essere neri come la pece e liberi da ogni trend, senza che per forza tutto il contorno diventi un vero e proprio circo equestre.
Il fatto che Fenriz e Nocturno Culto, da un po’ di album a questa parte, si siano voluti allontanare dal carrozzone del metallo nero tutto face-painting, borchie e dichiarazioni di guerra, per iniziare la riscoperta delle loro influenze più remote è encomiabile.
Così, pur essendo sempre presenti i soliti richiami a Celtic Frost, Venom e Bathory, si sono aggiunti alla loro musica anche schegge derivanti dal doom, dal thrash fino ad arrivare all’ heavy metal classico.
Questo nuovo lavoro, che arriva a due anni di distanza da quel “Circle The Wagons” che con le sue influenze punk aveva fatto storcere il naso a qualcuno, risulta essere il lavoro migliore del duo norvegese dai tempi di “The Cult Is Alive”.
Rigorosamente suonati senza trigger o magie digitali varie e dotati di un suono meravigliosamente organico (ottimo il lavoro di mastering) i sei brani presenti sono stati scritti e cantati dai due in egual misura.
E così, mentre in episodi come “Lesser Men”, la nera “Dead Early” e la lunga e pesante “Come Warfare, The Entire Doom” si sente in maniera pesante la mano di Nocturno Culto che colora sapientemente di nero le influenze più punk, i restanti tre brani sono il perfetto specchio dell’ego di Fenriz, personaggio da sempre dotato di una ironia fuori dal comune e un talento musicale enorme.
I tre brani da lui composti sono sicuramente la sorpresa più grande di “The Undergrond Resistance”.
“Valkirye” è una cavalcata a metà tra i primi Helloween e i Bathory più epici, mentre “The One You Left Behind” prende a piene mani dallo speed-thrash americano anni ’80 (Agent Steel su tutti).
Il meglio arriva con i tredici minuti della conclusiva “Leave No Cross Unturned” il cui riffing iniziale mescola il thrash-metal e l’heavy-metal classico (ascoltate la voce di Fenriz) per poi diventare, per tutta la parte centrale, un macigno degno dei migliori Celtic Frost e chiudersi con un atmosfera quasi anni ’70.
I Darkthrone sono da sempre uno dei miei gruppi metal preferiti e potrei sembrare sicuramente di parte, ma il valore oggettivo di questo nuovo lavoro è indiscutibile.
Non importa che sia black, death o heavy, sempre di metal si parla, e questo “The Underground Resistance” ne è un grandissimo esempio.
PS: Sulla possibilità di vedere mai il duo di Kolbotn dal vivo vi lascio questa dichiarazione di Fenriz in persona:
“I could be rich in two years if I played live but I want to keep working in the postal industry so I can listen to music on my headphones and keep spreading other people’s music instead. EVERYONE can see who benefits the most from this idealistic way of life, but I prefer to spread others music than my own on stupid stage with sheep onlooking”.
Idolo.
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