A cercare di passare per irriverenti e provocatori si corre il grossissimo rischio di finire per mostrare tutti i propri limiti. Di esempi in tal senso il panorama italiano ne è pieno zeppo, e non serve andare nemmeno troppo in là nel tempo per trovare chi, nel tentativo di stupire oltre ogni limite, ha mostrato uno spessore artistico dalle dimensioni a dir poco imbarazzanti (N.d.a.: ♫ Non mi riferisco per forza ai Management del dolore post-operatorio ma i Management del dolore post-operatorio sono un ottimo esempio. ♫ ).
I Luminal sono un’altra cosa: sanno colpire non solo con la luminosa scorrettezza dei testi – una fotografia impietosa della bassezza di certa scena – e con l’incedere nevrotico di un sound a metà tra una furbesca progettualità indie-rock e un’onesta urgenza post-punk. “Amatoriale Italia” è la ri-presa di coscienza forte e sincera nei confronti della pornografia patinata e servilista che caratterizza e falsifica ogni sistema intellettuale, in una sorta di apocalisse culturale in cui qualunque cosa, nel nostro paese, è posticcia e degradante. C’è spazio per tutto e tutti, da Lele Mora al disagio consumista post-guerra fredda, dal successo privo di spessore sui social al degrado lancinante di certe figure tutte al femminile, da RockIt ai talent show, entrambi sogno, e neanche troppo diverso, di chi vive, suona e sogna in provincia.
Uno scenario annichilito e annichilente, un oceano di merda in cui i Luminal si immergono fino alla gola, ora sporcandosi di prediche inevitabilmente qualunquiste, ora regalando sprazzi di speranza che sembrano voler dire che nonostante tutto c’è ancora vita: c’è vita oltre i circuiti omologati delle nuove generazioni, c’è vita oltre le patetiche contraddizioni dell’universo culturale italiano, c’è vita oltre RockIt.