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The Ocean – Pelagial

2013 - Metal Blade Records
post/metal

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Tracklist

DISC 01
01. Epipelagic
02. Mesopelagic: Into the Uncanny
03. Bathyalpelagic I: Impasses
04. Bathyalpelagic II: The Wish in Dreams
05. Bathyalpelagic III: Disequillibrated
06. Abyssopelagic I: Boundless Vasts
07. Abyssopelagic II: Signals of Anxiety
08. Hadopelagic I: Omen of the Deep
09. Hadopelagic II: Let Them Believe
10. Demersal: Cognitive Dissonance
11. Benthic: The Origin of Our Wishes

Disc 02
01. Epipelagic (Instrumental)
02. Mesopelagic: Into the Uncanny (Instrumental)
03. Bathyalpelagic I: Impasses (Instrumental)
04. Bathyalpelagic II: The Wish in Dreams (Instrumental)
05. Bathyalpelagic III: Disequillibrated (Instrumental)
06. Abyssopelagic I: Boundless Vasts (Instrumental)
07. Abyssopelagic II: Signals of Anxiety (Instrumental)
08. Hadopelagic I: Omen of the Deep (Instrumental)
09. Hadopelagic II: Let Them Believe (Instrumental)
10. Demersal: Cognitive Dissonance (Instrumental)
11. Benthic: The Origin of Our Wishes (Instrumental)

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Una discesa verso l’ignoto ed una sfida interiore: Pelagial non è solo l’ennesimo disco ben riuscito dei The Ocean, che a questo punto della propria carriera, iniziata nel 2000, dopo 2 ep e 5 full lenght di tutto rispetto, merita un posto d’onore tra gli innovatori del post -metal e affini.

L’ eclettica band metal tedesco-svizzera nel corso degli album si è aperta a svariate influenze, senza però lasciarsi inquadrare in un determinato sottogenere: vantaggio che ha permesso loro di apportare freschezza ed originalità all’interno delle composizioni. Se i precedenti Heliocentric ed Anthropocentric, gli album “complementari” usciti a cavallo tra 2010 e 2011, concettualmente costituivano una critica filosofico-letteraria del cristianesimo, ora Pelagial consiste in un concept ambientato proprio nelle profondità dell’Oceano. Viene quindi da pensare che dopo lo stop forzato dello scorso anno del cantante Loic Rossetti per problemi alle corde vocali, il buon Robin abbia voluto interrogare il proprio subconscio e immergersi nel pelago, alla volta delle sue più oscure e inesplorate profondità (metafora freudiana legittimata dalle liriche dello stesso album!) alla ricerca della percorso da seguire d’ora in avanti.
Questo, grossomodo, è in effetti il percorso descritto in Pelagial. Il quale concept nasce con la spada di Damocle sul capo di vedere la luce senza linee vocali, per via dell’infortunio di Loic, giudicato inizialmente irreversibile, per poi invece rivelarsi meno grave del previsto sul breve e medio termine. L’album è infatti fruibile in due versioni, sia strumentale che con il cantato, risultando comunque completo e coinvolgente in entrambe le forme. Musicalmente, il disco vira verso una sorta di progressive-sludge metal, distanziandosi dal post-hardcore-sperimentale a cui il predecessore Anthropocentric può essere inscritto.
Tutto ciò senza però perdere i caratteristici tratti della band, tra cui uno spiccato gusto per le atmosfere ricche di pathos, la melodia e l’originalità nella struttura dei pezzi.
Sono inoltre riscontrabili rimandi al suond dei lavori più datati dei The Ocean, come Aeolian e Fluxion in alcuni degli scorci più brutali, come Bathyalpelagic III- Disequilibrated ed in Benthic- The Origin of Our Wishes, dove il cantato è supportato da una vecchia conoscenza dei The Ocean, il tedesco Thomas Hallbom, già ospite e collaboratore della band in passato. Più caratteristici e determinanti inoltre, gli ospiti orchestrali, i quali costituiscono una costante negli ultimi lavori del gruppo, specie nelle sezioni di pianoforte, che direzionano quasi l’andamento del disco: dapprima interpretandone la volontà di essere relativamente soft (Epipelagic) per poi anticiparne la discesa verso territori più violenti (Bathyalpelagic I: Impasses).
Arriviamo dunque all’apoteosi in Hadopelagic II – Let Them Believe, dove, a mio avviso, il cantato di Loic si rivela arma irrinunciabile dei The Ocean; che speriamo possa esserci sempre in futuro! A parere di chi scrive, infatti, la versione cantata resta un gradino più su del formato strumentale, che per quanto ben fatta, alla lunga pecca forse in alcuni punti di ripetitività.

Questa l’unico neo, forse, di un disco invero curatissimo nei suoni (grazie anche al produttore Jens Borgren, una garanzia in fatto di metal) e di cui senza dubbio ci si ricorderà alla fine dell’anno per la top ten.
Pelagial merita di non essere completamente spogliato in fase di recensione, perché degno di essere scoperto ed ascoltato nella sua interezza, nel suo contesto originario. Per chi ne fosse interessato, è consigliato – come d’altronde per tutti i dischi dei The Ocean – un ascolto integrale dello stesso. Viceversa, ascoltarne solo una parte in questo caso si rivelerebbe non solo fuorviante, ma anche inessenziale.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Ocq2sWK6CzM[/youtube]

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