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Sigur Rós – Kveikur

2013 - XL Recordings
dream/post/rock

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Tracklist

1.Brennisteinn
2.Hrafntinna
3.Isjaki
4.Yfirbord
5.Stormur
6.Kveikur
7.Rafstraumur
8.Bláprádur
9.Var

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Mai ripetersi, per un musicista che si rispetti, dovrebbe costituire una regola per le sue composizioni, i suoi nuovi lavori: il contrario, infatti, significherebbe accontentarsi… E, parlando sinceramente, che gusto c’è ad accontentarsi ?  
E’ legittimo quindi, che anche un gruppo così particolare e sperimentale come gli islandesi Sigur Rós aggiungano, di album in album, un nuovo tassello diverso dal precedente nel mosaico della loro carriera artistica. Anche un fan nostalgico e (forse) troppo affezionato ai primi dischi della band quale sono io, deve farsene una ragione. Kveikur, infatti, è senz’altro volto a evitare, almeno in parte, la ripetizione di quelle atmosfere che ha reso celebre la band di Reykjavìk. Ma c’è dell’altro.   

Tralasciamo magari l’esordio, Von, ancora acerbo e “noise” e partiamo per esempio del successivo Ágætis Byrjun: un disco ispiratissimo, innovativo, magico. Cosa dire poi di ( ) ? Niente. Potrei provare, ma non riuscirei mai a descriverlo come merita; diciamo solo che il nome della band comincia a farsi strada in tutto il mondo. Tàkk, poi. Un’altra pietra miliare. 
Með suð í eyrum við spilum endalaust rappresenta invece il cambiamento, il momento in cui si vuole voltare pagina. Tramite un’atmosfera più estroversa, tramite canzoni più “pop-oriented”. Ne esce sì un lavoro interessante, ma senz’altro diverso, forse meno ispirato. Valtari è l’altra faccia della medaglia, per certi aspetti, sonorità ambient e canzoni più dilatate. La mancanza d’incisività è invece il tratto comune. E’ questo il quadro in cui, secondo chi scrive, va a collocarsi Kveikur. Tra luci e ombre di questa “seconda fase”, che col senno di poi mi arrischio a definire meno ispirata.   
All’episodio meglio riuscito del lotto è affidata l’apertura: Brennisteinn è un brano magnifico, con un attacco notevolmente “heavy” per gli standard della band. Il ritornello è davvero coinvolgente. Una canzone più trascinante di così, i Sigur Ròs non potevano inventarsela. Hrafntinna è il secondo brano, che spezza un pò con il precedente: affascinante l’intro, dominato da cembali squillanti, anche se la canzone è nel complesso trascurabile, non dimostrandosi molto incisiva né particolarmente ispirata.       
Isjaki invece, si caratterizza per un cantato coinvolgente ed evocativo che va a dare colore ad una canzone dalle sonorità “speranzose”.  
Proprio grazie a questo brano ci accorgiamo che ora è la voce del cantante – chitarrista Jònsi a dettare l’andamento dei brani ancor più che in passato, rivelandosi ancora più al centro dei Sigur Ròs, anche rispetto ai precedenti lavori.
Sempre più incisive le influenze dei lavori solisti di Jònsi, che se finora erano solo accennate, procedendo nel disco, si mostrano a viso aperto negli episodi in realtà Yfirbord, Stormur e in maniera addirittura sfacciata in Rafstraumur. Ascoltare per credere: batteria sostenuta, accompagnamento di tastiere e xilofono, sottofondo d’archi ed incursioni di fiati all’occorrenza; il tutto coronato da cori più “intimi” che si affievoliscono nel finale. Questi i tratti fondamentali delle ultime canzoni succitate, che nella titletrack sono rimescolati per creare paesaggi sonori più oscuri, dai quali i primi Sigur Ròs provengono. Pazzesco e inaspettato il finale di questa canzone, che ricorda una tempesta in terra d’Islanda, violenta e repentina. Senza nulla togliere alla maestria di Jònsi, ma un finale semplicemente strumentale, che richiamasse i Sigur “old school”, mi mancava davvero. La mancanza del tastierista Kjartan, che negli scorsi mesi ha annunciato la sua dipartita dalla band, si nota: il pianoforte e le tastiere svolgono ora un ruolo di accompagnamento più che rimanere in primo piano come in passato.      

In conclusione Kveikur, in sé, è un disco che si lascia ascoltare, snello, il quale presenta comunque alcuni momenti molto emozionanti. Certo, come detto sopra, in questa “seconda fase” del gruppo, mancano una serie di brani al top per classificare gli ultimi tre dischi come capolavori. Ho fiducia che i Sigur Ròs partendo da alcune delle nuove canzoni più ispirate, come le già citate Kveikur e l’opener Brennisteinn, possano fare senz’altro di più, pur senza l’intenzione che la band ha dimostrato di avere, di non ricalcare le glorie passate. D’altronde, ripeto, perché accontentarsi? 

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Oc6zXSdYXm8[/youtube]

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