Un uomo, uno solo, TonyLaMuerte, un nome un programma. Un album eccezionale, sporco e cattivo, ventitré tracce (un’intro, undici pezzi veri e propri, undici che rimangono sotto il minuto e fungono da collanti) tenute insieme da una voce roca ben più dello sperabile e impastate con una quantità di sudore da fare invidia.
A raccontarlo ci vuole un po’ di impegno, a sentirselo dire magari si fatica a crederci: un uomo solo che suona chitarra, grancassa e rullante riesce a non annoiare. I pezzi sono tanti, ma non ricade mai nel già sentito, nel già suonato, riesce a tenere il tutto vivo con ritmi spesso irresistibili e coinvolgere dall’inizio alla fine.
I testi sono cupi, di morte si parla spesso e lo si fa senza preoccupazione, come se ci si confrontasse con una compagna di vita. Perché in fondo “più io parlo della Morte più la Morte mi protegge solo a me”. La voce è rauca, urlata, perfetta. La musica si adatta senza perdere la sua base di denti digrignati e distorsioni.
Un album che dovrebbe entrare nelle orecchie di tutti, a disturbare tutti quei cervelli abituati alla noia della musica italiana stereotipata, a rinvigorire tutti coloro che come TonyLaMuerte pensano ancora che “vaccaputtana non succede mai niente”.
Qualcosa ogni tanto succede, l’importante è non perdersela, a cominciare da Ti Taglio in Quattro, in streaming per anticipare l’opera completa. Uscita quella per farsi un’idea basterà Il Ballo del Morto, impossibile pentirsene.