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THE KILOWATT HOUR – Sylvian, Fennesz, Mathieu – MiTo Festival, Torino, 18 settembre 2013

The Kilowatt Hour, il trio di Sylvian viaggia fuori giri?

The-Kilowatt-Hour

A poche settimane dalle scimitarre techno del Traffic Festival e con le insegne del Club to Club a scintillare dietro l’angolo, le OGR si confermano location torinese in ascesa rapidissima, scatola nera sede di chirurgiche operazioni elettroniche. Stavolta tocca a MITO – Settembre musica, una delle kermesse di punta all’ombra della Mole, farsi incarnazione delle mutazioni digitali del nostro tempo, schierando on stage un inglese, un austriaco e un inglese. Sembra una barzelletta, invece è un tris di teste di serie della sperimentazione analogica: l’astronauta ambient dalla pennellata espressionista Stephan Mathieu, il puntinista glitch Christian Fennensz e sua Maestà David Sylvian, sotto il moniker inedito di “The Kilowatt Hour”.
Il primo si porta dietro l’usuale gomitolo di droni rarefatti, il secondo alza il tiro dopo la collaborazione con un’altra coppia di smanettoni escapologi nel progetto Fenn’o’berg, il Re Mida dei Japan incasella da anni featuring illustri con outsiders della melodia (da Fripp a Ribot, passando anche per il poeta del pianoforte Sakamoto) e per l’occasione rinuncia coraggiosamente all’elemento stilistico che lo ha sempre contraddistinto: la voce.
Avvolta dalla pressocchè totale oscurità dalle sterminata sala macchine delle OGR, col pubblico seduto, diradato tra posti a sedere in parterre e gradinate, inizia la promessa “new experience” del trio, tra rarefazione ed improvvisazione: di “nuovo” ed evenemenziale c’è però ben poco. Stabilite a priori solo le coordinate iniziali della partitura, l’interazione istintiva dei tre mantiene abbastanza le peculiarità dei singoli, tracciando uno curva che ben presto diventa – purtroppo – linea retta, piatta. Concettualmente doveva trattarsi di un “viaggio senza piani nè restrizioni” ma la destinazione? E’ pur vero che i tre miravano ad accarezzare “un’idea prima che questa venga fissata nella mente come concetto”, suggerire più che mostrare, ma la sensazione è che nella rotta tracciata all’interno dei meandri della psiche qualcosa si sia perso per strada o non sia andato a buon fine. L’essenzialità non deve diventare bulimia e l’introspezione non può diventare indulgenza. Almeno non (sotto)stando all’indiscussa caratura artistica dei personaggi coinvolti.
Ancora una mezz’ora avrebbe fomentato sfoghi sulla falsa riga della (volutamente storpiata) “Corrazzata Potemkin” di fantozziana memoria? Denti stretti. Detto ciò, nonostante un composto fuggi-fuggi dell’audience che neanche alle conferenze sulle malattie sessualmente trasmissibili, il “mappasone” di The Kilowatt Hour offre spunti di riflessione ai cultori del genere. Per gli altri – i curiosi o peggio chi si aspettava un Sylvian-cantante per evocare i fantasmi del passato – neanche i visuals tripartiti ed in alta definizione salvano dalla rete della noia: una caleidoscopica mitosi cellulare, il diradarsi di masse gassose, l’alternarsi delle fasi lunari. Appuntamento extra-intellettuale o extra-intellettualoide, a voi la scelta. Nulla da rimproverare a MITO che organizza a puntino predisponendo la location perfetta: ad essere sottotono stavolta (per una volta?) non è l’organizzazione italiota, ma gli artisti sul palco.
”Cagata pazzesca” o sublime navigazione dell’Io? Elite o derelitto? Più semplicemente la prova opaca d’un trio di fuori classe in cui la somma delle parti non rende giustizia alla magnificenza delle Officine Grandi Riparazioni, almeno stasera.

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