Ci sono momenti in cui si inizia a pensare che in Toscana ci sia qualcosa che fa bene alla musica.
Qui da una parte ci sono il sax ed il trombone (o la tromba, all’occorrenza), che alzano i toni in ballate come Gloria Guida, dall’altra la sezione ritmica batteria/organo/vibrafono che detta la cadenza, in mezzo una chitarra che sa tenere tutti a bada da sola come in Una Violenza Inaudita.
Nessuno pesta mai i piedi a nessun altro, chiunque è in grado di farsi da parte di buon cuore per dare spazio a toni diversi da quelli suggeriti dal proprio strumento e tutti lavorano insieme come fossero cosa sola: Filarmonica credo sia la definizione perfetta.
I toni sono spesso quelli della musica italiana, rivisitata, rimescolata, agitata. Difficile rilegarli ad un genere fisso, i livelli e le possibilità di lettura sono troppi per capire davvero tutto, ma una cosa non la si può evitare: i testi. Sono reali, espongono la vita senza i filtri o le reinterpretazioni artistiche che la rendono più dolce o più surreale.
Parlano di Italia, di presente, di vite più o meno infelici, di difficoltà. Di lavoro, di amore, di mediocrità, di schifo. Potrebbero essere la voce di un Paese nuovo, ormai lontano dal lirismo dei cantautori passati, e lo saranno se si prenderà la briga di ascoltarli.
Si finisce a pensare che o in Toscana la vita fa più schifo che altrove o c’è una regione in cui è impossibile mentire, persino a sé stessi.
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