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Il Collezionista Di Ossa

Diaframma – Siberia: Il Collezionista Di Ossa #25

Camminando nei meandri oscuri dei magazzini di Impatto Sonoro ci siamo imbattuti in molti cadaveri, interessanti resti umani che il tempo ha dimenticato e che abbiamo deciso di riportare alla luce per non lasciare alla polvere tutte queste avvincenti storie. Afflitti dalle nostre turbe ci sentiamo un misto tra The Bone Collector e Karl Denke. Presentarvi direttamente il corpo non sarebbe abbastanza frizzante, pertanto ci siamo imposti che ogni numero di questa rubrica sarà composta da tanti piccole falangi tagliate che vi doneremo come pillole. Starà a voi seguire le tracce al suon di musica e arrivare goduriosamente al corpo del reato.
Recensioni di dischi finiti nel dimenticatoio, ristampe di glorie del passato, bootleg, archivi musicali e nuove uscite in formato musicassetta.
Dalla minimal wave all’industrial, passando per gruppi underground est europei, giapponesi e catacombe innominabili.

A cura di Francesca Marini.

diaframma-siberia-frontQuando penso a “Siberia” dei Diaframma, mi viene in mente un quadro: “La Gazza” di Monet.
E mi viene in mente perché il pensiero va subito alla neve, neve in quantità industriali che ricopre ogni cosa con il suo candore e la sua morbidezza. “Siberia” è un disco fatto di neve. E non solo perché è stato pubblicato a dicembre, ma perché dentro c’è l’inverno. E va recensito con l’inverno nel cuore.
Poi magari, fuori può anche essere estate. Rispolvero questa vecchia gloria del 1984 perchè è da poco uscita una bellissima versione deluxe con tanto di Lp originale in vinile, cd e concerto inedito (Modena, 4 gennaio 1985) trent’anni dopo la pubblicazione dell’album.
Trent’anni di carriera per il gruppo fiorentino, perché con “Siberia” tutto ebbe inizio.
Atmosfere dark ereditate da gruppi come Joy Division e The Cure e sonorità Post-Punk tipiche di quell’epoca. Ma l’elemento fondamentale del primo lavoro dei Diaframma è il simbolismo dei testi di Fiumani, vere e proprie poesie che trivellano l’animo umano. Parole semplici che riescono ad evocare immagini suggestive, a riflettere l’anima su un lago ghiacciato, lo specchio sempre un po’ inquietante dell’introspezione.
Cieli grigi, notti gelate, temperature sotto zero. Forte disagio interiore, la voglia di stare da soli nella propria stanza con la musica come unica compagnia. Il volere qualcosa impossibile da ottenere. Niente violenza, niente scenari macabri alla Ian Curtis, ma una decadenza tesa ad un flebile e lontano raggio di luce che squarcia il grigiore quotidiano. Ogni desiderio sepolto sotto svariati metri di neve. Questo è “Siberia”. “Siberia” è dentro di noi. È il freddo che a volte ci avvolge. Orgoglio della musica italiana, esempio di pura musica d’autore, antitesi della solita canzonzina sanremese tutta amore e cuoricini.
Toni amari, tinte fosche. La vita nuda e cruda con tutte le sue incertezze e le sue delusioni. Ma anche gli inverni più rigidi e lunghi finiscono e ogni albero può ritornare a fiorire.
“Siberia” dei Diaframma è bello perchè è una chiacchierata a tu per tu con il cuore delle persone.
Una conversazione intima. Il manifesto del decadentismo in musica. Uno dei più grandi gruppi italiani di sempre ed uno dei più grandi album della storia della musica italiana.

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