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Interviste

Intervista ai MANAGEMENT DEL DOLORE POST-OPERATORIO

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(foto di Simone Cecchetti)

Un’intervista ad una delle band più interessanti del momento. Un vulcano in continua eruzione.
Luca, il front man del Management Del Dolore Post-Operatorio, è un artista a tutto tondo. Una persona con cui non si vorrebbe mai smettere di parlare.
In questa intervista non sentirete parlare di sound o ritmi. Sentirete parlare di musica, nell’accezione più affascinante del termine. L’accezione che prende le distanze da quello che è semplice intrattenimento.
Sentirete cosa si cela dietro ad un semplice gesto, ad un semplice verso. Un ritorno al reale significato delle parole. Celebrazione del linguaggio.
Questo e altro è Management del dolore post-operatorio.
Molto più di un’intervista.

Allora Luca, innanzi tutto grazie per la disponibilità. So che siete alle prese con il nuovo album e si tratta di un periodo lavorativo molto stressante.
Vorrei iniziare l’intervista chiedendoti di fare un bilancio dell’ultimo anno. Una sorta di paragone fra le aspettative pre-registrazione di “Auff!” e la situazione che state vivendo ora ad un anno dalla data di
release.
Mah, sicuramente è banale dire che uno non dovrebbe mai aspettarsi nulla dalla vita. Noi, dal canto nostro, abbiamo sempre lavorato sodo in ambito musicale, anche perchè a dirla tutta non abbiamo mai avuto altro tipo di lavoro. E non abbiamo mai suonato per hobby.
Freud diceva: “Il problema di questo mondo è che nessuno fa quello che ama”. Diventa ovvio che la depressione sia lo strascico di una vita animata da continue insoddisfazioni.
Noi abbiamo deciso di buttarci a capofitto, nonostante la realtà da cui proveniamo sia molto difficile da far fiorire (le basi e il materiale, ad ogni modo, ci sarebbero). Bisogna anche contare il periodo di crisi che sta attraversando la musica in generale (sotto tutti i punti di vista). Aggiungici la nostra più totale ignoranza in materia di dinamiche di vendita e pubblicità. Capirai che noi, parlo a nome del gruppo, non eravamo assolutamente in grado di stilare una sorta di “elenco delle aspettative”. Noi ci abbiamo messo la voglia e la serietà, il resto doveva venire da sé insomma. Perciò, rispondendo alla domanda non saprei dire sinceramente quali fossero le aspettative inizialmente. Posso dirti con certezza che mai ci saremmo aspettati tutto quello che di positivo ci è accaduto. L’unica cosa che ci eravamo prefissi di fare era portare l’album in giro e suonare in live il più possibile. Direi che ci siamo riusciti, anche perchè in un anno abbiamo partecipato ad un tour che ci ha visti suonare dal vivo quasi un giorno si e un giorno no. Questa, direi, era la speranza principale più che aspettativa.

Bene. Visto che hai accennato al tour direi di proseguire su questa strada.
Dal
release di “Auff!” ci sono state più di cento date in giro per l’Italia. Un tour, quello della “pasticca blu”, conclusosi nel migliore dei modi: la premiazione al Mei come “Migliore Band Live”.
Di tutte queste date ce n’è stata una in particolare che ha fatto molto discutere, sai già a cosa mi riferisco: il concerto del Primo Maggio.
Su quel palco hai recitato una sorta di “omelia blasfema” impugnando un preservativo a mo’ di ostia, incitando la gente a prevenire le malattie e andare oltre ciò che viene detto da secoli in determinati ambienti.
Sembra che la scelta di marketing sia stata azzeccata: avete fatto parlare molto di voi.
La mia domanda è: in quale modo doveva esser letto quel gesto? E, inoltre, qual è stato il risultato secondo te?
Vorrei fare un preambolo: non so cosa sia l’Arte, non so cosa siano la Poesia e la Vita. Se l’avessi saputo avrei fatto il profeta e non il cantante (ride). Però di una cosa sono sicuro: so cosa NON deve essere l’Arte e cosa NON dovrebbe fare la musica.
Delle persone che salgono su un palco non possono semplicemente consolare il pubblico. Come diceva l’ormai ultracitato C.B. (Carmelo Bene): “L’arte non può essere consolatoria”. In questo caso, non può consolare le pance piene degli ipocriti e dei bigotti. Di conseguenza deve sempre scandalizzare. L’obiettivo era appunto scandalizzare un pubblico ormai sopito da quello che era nato come concerto “sociale/politica”, diventato nel corso degli anni una ‘messa in scena spettacolare‘. Apriamo una piccola parentesi per spiegare meglio – il Concerto del Primo Maggio è sponsorizzato dalla ENI. Abbiamo detto tutto.
Un mio caro amico, qualche giorno fa davanti ad una birra, mi ha fatto capire come il nostro gesto abbia “messo una pietra sopra al Primo Maggio”. Il concerto, per quello che è diventato, dopo ciò non ha più molto senso di esistere. È stata palesata la sua reale natura. Se qualcuno avesse mai creduto in una natura laica del Concertone, dopo la reazione della direzione nei confronti del mio gesto si è senz’altro ricreduto.
Quella del preservativo voleva essere una provocazione sul dialogo. Si tratta di un discorso che non risulta mai banale: da quando esiste, la Chiesa ha recluso all’Inferno la gioia del piacere carnale. Questo concetto, come altri, non può più passare inosservato. Credo sia inconcepibile il fatto che, dopo secoli e secoli, si tratti di una tappa non ancora superata. Per questo dico che, nonostante si discuta spesso, non può essere etichettato come “discorso banale”.
Proviamo a vederla in questi termini: lo scandalo a cosa serve? Lo scandalo ci permette di individuare concretamente i confini della nostra libertà. La Storia ci suggerisce numerosi esempi, uno fra i tanti è Galileo. Ci sono persone che si ritengono custodi di una data verità, ma in realtà la storia ci insegna che le verità sono relative e mutevoli. Insomma: la verità NON può essere una. Le persone che destano scandalo ti faranno capire che la verità è un concetto in continuo cambiamento e soprattutto evidenziano i confini della tua libertà. Sono le persone che ti faranno capire se quella in cui stai vivendo è un’epoca libera o ipocrita.
Soprattutto in un momento come questo la televisione e il web sono facilmente manipolabili. Perciò è altrettanto semplice far credere ad una società di essere libera quando, in realtà, non lo è affatto.
Il Primo Maggio è la cartina al tornasole di tutto ciò. In quella che viene definita “La Festa del Lavoro”, a noi musicisti è stato impedito di fare il nostro lavoro. Ci sono state staccate le chitarre e, dopo poco, siamo stati sostituiti dalla pubblicità sugli schermi. Davanti a questo enorme potere ci rendiamo conto di essere davvero molto piccoli, ed è straziante.

..tu quindi avevi intenzione di dare una dimostrazione di tutto questo al pubblico?
Mah, è difficile leggerla in qualsiasi modo, quando sali sul palco hai in mente un qualcosa di definito ma in realtà, ad un certo punto dell’esibizione, tutto questo non conta più. Devi riuscire, a posteriori, a vedere la performance dall’esterno e capire cosa può aver significato il gesto in sé. Questione di punti di vista insomma.
La dimostrazione è stata che viviamo in un paese non libero, che il Concerto del Primo Maggio è una manifestazione non libera, bigotta ed ipocrita. Quello che fa più rabbia è senza dubbio il fatto che la gente non se ne accorga. Si tratta di una manifestazione che non ha più un senso in quanto ha dimenticato per strada il motivo per il quale era nata.
Ora non vorrei peccare di superbia, vorrei solo portare un esempio significativo. Anche una persona magnifica come San Francesco, era giudicato dalla sua epoca ‘un folle’. Si è spogliato davanti al Vescovo (il potere) e al padre dimostrando che di quella ricchezza e di quell’ipocrisia a lui non importava nulla. Ma non l’hanno mica apprezzato subito San Francesco. Ne hanno dovute passare i francescani per essere capiti. All’inizio erano considerati dei matti, dei barboni. Ripeto: non voglio paragonarmi a tutto ciò, voglio semplicemente portare esempi concreti. Il miglior modo per comprendere. Tutto ciò dimostra che in realtà ci troviamo in una società medievale tutt’altro che disillusa e libera.

Capisco perfettamente il tuo punto di vista. Personalmente concordo. Bene, visto che con questa domanda abbiamo smosso per bene le acque direi di procedere su queste tracce.
Sul vostro sito (
www.managementdeldolorepostoperatorio.it) avete chiarito la vostra posizione a riguardo con un concetto molto interessante. Cito testualmente: “L’artista idiota sembra essere l’unico interprete della stupidità sociale.” con idiota si alludeva al significato di “persona senza filtri”, come espresso nel testo.
Vorrei che spendessi qualche parola in merito a questo concetto.
Dunque. Come hai detto si tratta della nostra risposta al commento superficiale del telegiornale locale che ci definì “i soliti idioti”, come se noi l’avessimo fatto senza uno scopo e solo per destare stupore attirando così l’attenzione. Questo appellativo ci ha fatti riflettere molto. Mi riallaccio al discorso di prima: le cose possono avere infinite interpretazioni, dipende da come le guardi. Lo stesso discorso vale per l’interpretazione delle parole e il loro significato. L’etimologia in generale. Così, davanti ad un bicchiere di vino, ci siamo imbattuti nel concetto artistico di “idiota”. Abbiamo realizzato che, storicamente, l’aggettivo idiota aveva il significato di “persona senza filtri”. L’idiota, come qualunque folle, ignorava le conseguenze che un semplice gesto poteva avere. Di conseguenza si trattava di una persona pura. Il nostro gesto tra ispirazione dalle cosiddette giullarate di Dario Fo in “Mistero Buffo”. Si tratta di un ricordare le gesta dei giullari che si opponevano, in epoca medievale, ai poteri dominanti: il Re e la Chiesa. La cosa bella da ricordare è che, entro certi limiti, questa protesta era loro concessa.
Noi abbiamo tentato di far rivivere, in tutta la modestia possibile, questa idea. Perciò, ritornando al concetto di idiozia, concludo affermando che l’idiota è l’unica persona a cui puoi credere, l’unico che ti racconterà le cose per come sono realmente. L’unico reale comunicatore sociale. Un personaggio di vitale importanza per la società. Non puoi parlare di determinati argomenti con un politico o un imprenditore. Puoi parlarne solo con un folle perchè sarà lui l’unico a dirti come realmente stanno le cose. Lui non ha filtri. Per questo motivo l’incontrollabilità del folle è molto pericolosa e spaventa i piani alti.

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(foto di Riccardo Ruspi)

Tutto molto interessante. Visto che mi hai parlato di significato mi riallaccio a questo concetto chiedendoti di parlare un po’ del vostro metodo di comunicazione.
Fra tutti i testi mi sono segnato un verso in particolare: “
Sei tutto il porno di cui ho bisogno”. Ecco, sentendo parlare di porno sono tornato con la mente ai famosi monologhi del grande Carmelo Bene in cui egli definiva il concetto di porno come “La voglia della voglia”. Come accadeva con lui, trovo che i tuoi testi siano estremamente densi di significato ma, talvolta, difficili da capire e/o interpretare.
La mia domanda è: qual è il tuo metodo di comunicazione? Ma soprattutto, a chi vuoi comunicare tutto ciò e con quale obiettivo?
Introduco la risposta dicendoti che il nostro obiettivo primario è quello di smontare qualsiasi cosa. Cerchiamo di smontare l’idea di verità. Del resto la storia stessa, come detto prima, ci dimostra quanto, fondamentalmente, qualsiasi idea sia una cazzata.
Facciamo ciò per rendere realmente discutibile un argomento e per stimolare i più a non fermarsi mai, a guardare sempre oltre. Lasciamo alla gente la possibilità di pensare mantenendo acceso quel barlume di lucidità che ci permetterà, in seguito, di capire che, probabilmente, stiamo sbagliando noi o gli altri. O, probabilmente, stiamo sbagliando tutti. Perchè, purtroppo, che cos’è realmente la verità e che cos’è realmente la vita non l’abbiamo ancora scoperto e sfortunatamente non lo scopriremo mai. Per quanto riguarda il nostro approccio comunicativo, il fine primario è quello di arrivare. Arrivare in un posto significa catturare l’attenzione e stimolare la curiosità. Di conseguenza anche discorsi complessi vanno portati avanti con parole semplici e slogan efficaci. Del resto, come hai detto tu, è altresì vero che esistono concetti complessi sui quali occorre ponderare più a lungo.
Tu hai citato “Porno Bisogno”. In questo caso specifico noi ci prendiamo gioco di un certo tipo di politica. Partendo dal più banale bunga-bunga per poi arrivare alla vera pornografia della politica. Tuttavia è bene fare un distinguo fra il concetto di pornografia malata e quella che io chiamo pornografia “bella”. Per me il concetto di pornografia ha un significato estremamente importante. Io intendo il porno come “il nudo della verità”. È importante perchè le nostre perversioni sono le cose più importanti che abbiamo in quanto sono un superamento dei tabù e, perciò, assumono il significato di ricerca. Capisci?
Se noi ci limitassimo a fare quello che ci hanno insegnato i nostri genitori, beh, probabilmente saremmo ancora all’età della pietra. Se non ci azzardassimo ad andare sempre un poco più avanti non ci evolveremmo. Sarebbe una continua e tragica stasi. Penso che ognuno di noi dovrebbe continuare a provare cose nuove, ne abbiamo assoluto bisogno. Proprio con il fine di capire. Laddove c’è una curiosità non dovremmo mai fermarci.
Rispondo alla seconda parte: a chi ci rivolgiamo? Noi ci rivolgiamo ai figli dei genitori. O, e ce ne sono, quei genitori che, sotto questo aspetto, si sentono ancora figli. Ci rivolgiamo a coloro i quali hanno ancora voglia di scoprire e scardinare le verità. Mi riaggancio alla prima domanda: cosa ci aspettavamo? Noi non ci aspettavamo nulla. Noi ci siamo buttati a capofitto, abbiamo fatto ciò consapevoli di tutto. E questo, secondo me, è l’espressione massima della perversione. Abbiamo buttato tutte le fish e abbiamo fatto all in. Il concetto più bello della pornografia. Sta proprio qui il nostro messaggio. Vivere, vivere e vivere. Vivere significa giocare tutto, significa fare sempre all in.

Sono concetti estremamente affascinanti. Questo è ciò che intendo con la parola “intervista”.
Beh, a dire il vero avrei una domanda ma penso che negli ultimi cinque minuti tu abbia risposto ampiamente anche a questa. Ad ogni modo te la pongo lo stesso, non si sa mai: Qual è il tuo messaggio alle nuove generazioni?
Ci terrei a ribadire questo fondamentalmente: rischiate. Non attaccatevi alle solite formule precotte in cui si pensa solo a carriere, vestiti, stipendi. Evadete da questi concetti. Vi distraggono da quella che in realtà è la vostra vera ricerca. Quale sia questa, però, dovete scoprirlo da soli. Buttatevi ragazzi.
Noi siamo belli così come siamo. Non c’è bisogno di andare alla ricerca di un qualcosa di indefinito.
C’è una citazione che vorrei riportare. Si tratta del Vangelo (ridacchiamo entrambi, ma si tratta dell’ennesima prova della profondità di questo artista). “Ma perchè vi preoccupate di quello che mangerete o di come vi vestirete. Guardate gli uccelli nel cielo e guardate i girasoli nel campo. Loro non lavorano, non vestono, non mettono niente da parte. Eppure nemmeno Salomone nella sua ricchezza era bello come uno di loro.

 ..e, parlando delle nuove generazioni, sembra sottinteso l’uso del preservativo giusto? (risata)
(ride) Si quello direi di si. Tuttavia non vorrei che fosse travisato il messaggio. Come detto prima il preservativo era semplicemente il mezzo per comunicare un messaggio.

Si, sono sempre più convinto che si tenda spesso e volentieri a scambiare il mezzo con il fine commettendo un errore madornale.
Precisamente. Sono d’accordo.
Tornando al discorso del preservativo, e del piacere fisico in generale, vorrei dire ancora una cosa: secondo me ciò che differenzia di più l’uomo dall’animale è proprio il concetto di piacere. L’uomo, molto tempo fa, ha capito una cosa importante. Ha capito che poteva scindere la riproduzione dal piacere. E questo, a mio avviso, è un atto di profondo raziocinio e profonda intelligenza.

Dopo tutto questo magnifico discorrere ho una domanda sul vostro background musicale. C’è chi vi ha paragonati ai CCCP. Può essere un’affermazione azzardata, può non esserlo. Cosa, e in che dose, dei CCCP ha realmente ispirato i Management?
Per questa domanda abbiamo, ormai, una risposta preparata. Studiata a tavolino.
Nella vita ci si fa influenzare da molte cose, specie in ambito musicale. Noi, come dico sempre, ci siamo fatti influenzare e poi abbiamo preso l’antibiotico. La risposta è che i CCCP hanno avuto su di noi la stessa influenza che può aver avuto Domenico Modugno o Frank Sinatra. Potrebbe essere quindi un po’ azzardata. Ma, se volessimo puntare sul nostro futuro, potremmo rispondere che il nostro intento è quello di riuscire a fare addirittura meglio.
Come mi ha insegnato il grande Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, “I maestri sono fatti per essere mangiati.”. Si tratta di un concetto orientale, una frase con un significato importantissimo. Per questo motivo noi siamo sempre contro il mito e la mitizzazione. Una volta che ho ascoltato i miei maestri devo superarli e, in un certo modo, sconfiggerli. E, teoricamente, dovrebbe essere la volontà stessa del maestro quella di essere mangiato dal proprio allievo. In tutta la mia vita, dopo aver letto Bukowsky, Baudelaire, Carmelo Bene ecc mi sono sempre chiesto: “come diavolo posso fare a superarli?”

 ..a volte il problema è che sono gli stessi maestri a tarpare le ali ai propri allievi.
Anche questo è vero. Guarda credo che uno dei problemi più grossi del nostro presente sia la continua ed eccessiva competitività. Si tratta di un livello di competizione malato. Si fa di tutto per intralciare chi ci sta vicino. È un selvaggio “tutti contro tutti”. Credo sia il problema principale della comunicazione moderna.

D’accordissimo. Bene Luca, prima dei saluti vorrei concludere chiedendoti qualcosa sull’ultimo progetto. So che siete alle prese con un nuovo album. A che punto siete? E soprattutto: cosa ci dobbiamo aspettare?
Tempismo perfetto. Nel momento in cui hai fatto la domanda abbiamo chiuso l’applicazione del computer. Possiamo dire di aver terminato il nuovo album. Direi che si tratta di un album molto diverso ma anche molto uguale. L’unica cosa che posso dirti è che abbiamo cercato di prendere quello che, secondo noi, c’era di buono in “Auff!”, quello che c’era di originale, e lo abbiamo esasperato. Abbiamo lavorato sui migliori spunti dello scorso album.

Si può dire che avete tentato di superare il maestro che voi stessi avevate creato.
Si, abbiamo provato a superare noi stessi (ride). Però siamo ancora alunni. Maestri chissà, magari un giorno. Crediamo di aver fatto bene con l’ultimo album e, essendo tipi che non si accontentano mai, abbiamo cercato di battere nuove strade. Non vogliamo ributtarci su qualcosa che abbiamo già fatto. Non sarà un sequel. Siamo sempre consapevoli del fatto che, tuttavia, si possa sbagliare. Ma dato che si tratta di un gioco piacevole, continuiamo a buttarci.

Penso di aver terminato. Che dire, Luca è stato un vero piacere. Penso che un’intervista così farò fatica a dimenticarla. È stato un vero piacere, spero di risentirti presto. Grazie ancora per la disponibilità. Buon proseguimento.
Grazie a te. È stata una piacevole chiacchierata anche per me. Devo ammetterlo, non sempre le interviste vanno bene. Questa è stata davvero piacevole.
A presto!

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