Ho sempre seguito Phil Anselmo con grande interesse. Certo, i Pantera hanno sempre un pezzo del mio cuore, ma sono sempre stato un grande fan dei Down e ho amato anche i Superjoint Ritual. Per cui avevo una certa curiosità nel sentire il suo disco solista con gli Illegals.
Diciamolo subito: non aspettatevi i vocalizzi classic metal di “Cowboys From Hell” né un disco troppo impostato sulla voce. Gli anni passano per tutti e Anselmo non ha più le escursioni di un tempo, ma ha comunque dalla sua una voce scream che ha pochi uguali nell’hardcore/metal, un marchio indelebile che si riconosce sempre.
Il disco tradisce soprattutto il grande amore storico di Phil per l’hardcore e per il metal più estremo; le otto tracce sono un concentrato di metal granitico e un hardcore che spesso sfocia nel metalcore, con frequenti breakdown e cambi di ritmo. Ma il problema di questo disco non è il sound, sono le composizioni: astratte, lunghe e ben poco interessanti, in quanto Anselmo e gli Illegals usano le stesse soluzioni più o meno in tutto il disco, ma non ci sono grandi parti melodiche né molte parti che sfuggano alle gabbie metalliche prodotte dalle strutture hardcore delle canzoni. Anzi, quel che è peggio è che quei pochi riff grintosi groove metal che ci sono vengono pesantemente ridimensionati dalla produzione, che per ottenere un sound estremo e asfittico imbriglia quei pochi riff in modo che stiano bassi nel mixer e non spicchino. Un muro sonoro che non si ferma mai, il problema è che il tutto è troppo simile a sé stesso e quindi il disco viene a noia in ben poco tempo. L’unica canzone che spicca è la traccia finale “Irrelevant Walls and Computer Screens” che, pur essendo lunga, ha una progressione più semplice e si ascolta volentieri.
In generale, non una gran uscita solista per l’ex-Pantera. Magari il nuovo EP dei Down ci farà passare il mal di pancia, ma sicuramente questo primo disco di Anselmo poteva andare molto meglio.
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