Forti i richiami a De Andrè in alcuni ritmi, nei testi, negli intenti (probabilmente), nel dialetto (non genovese, ma tant’è), in alcune evoluzioni vocali. In pezzi come Come si Passa o Cavalcherà o Verde Sigillo è impossibile non riconoscerli, anche solo per la chitarra che si scioglie sotto le parole. In realtà i VillaZuk spaziano molto di più, riescono ad essere molto più allegri di quanto non facesse Lui, molto più folk, ed è difficile relegarli ad un genere troppo specifico.
Ovviamente il livello non è ancora paragonabile, non solo per mancanza d’esperienza, ma potrebbe essere la scia dentro la quale buttarsi; una rilettura dello stile in chiave spensierata, benché alcuni dei testi presenti nell’album di pensieri ne generino eccome, potrebbe davvero essere qualcosa di concreto a cui puntare. Le parole sono il punto più lontano, ma è difficile pensare di poter competere con qualcuno che ha reso il più grande servizio alla musica cantata in italiano di sempre, per quelle c’è tempo e (pare) voglia di crescere.
Ci sono poi punti di debolezza, sperimentale o meno, nelle dodici tracce che compongono l’album: Mondo Favola risulta quasi medievale con il proliferare di voci, non molto assimilabile e in certi punti quasi fastidiosa. La necessità di inserire una sigla da sitcom anni ’80 in una canzone che parla di post sbronza e amore (nel caso, Ti Desidero) non ce la vedo proprio.
Un lavoro molto buono comunque, per amanti del genere, che potrebbe portare i VillaZuk abbastanza lontano in una nicchia del panorama nazionale al momento abbastanza spoglia.
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