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Interviste

Intervista a FABIO ZUFFANTI

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Ha suonato, nel corso degli anni, in una marea di gruppi. Ha dato vita a progetti, collaborazioni, album. Ha alle spalle un’esperienza di inciso e live che dovrebbe muovere molti a invidia. Da poco ha dato luce ad un nuovo album, rigorosamente prog-rock, un genere che in Italia fatica a prendere piede, sebbene ne valga la pena fino in fondo, ne La Quarta Vittima (clicca qui per la nostra recensione) ci sono sette tracce davvero impossibili da perdere.

La Quarta Vittima, un album eccezionale, difficile da far circolare in Italia. Perché secondo te c’è ancora tutta questo distacco nei confronti della musica prog in generale? Credi sia il pubblico che non reagisce bene o è una spinta negativa dall’alto?
Questo per me è il “problema dei problemi”, nel senso che mi sto realmente scervellando per capire cosa di questo genere non riesce ad arrivare nel nostro paese. In parte lo so, le musiche complesse, i testi spesso fuori dalla realtà odierna. Ma non basta, non credo che le colpe stiano solo lì. Il mio ultimo album è stato incensato ovunque in Italia, sono apparse recensioni bellissime in ogni dove, su webzines per appassionati e su grandi giornali e siti musicali. Ed è stato accolto meravigliosamente, anche da chi di solito non si occupa di questo stile musicale. Nonostante ciò il grosso delle vendite si sta realizzando all’estero e le richieste per concerti vengono in gran parte da fuori dall’Italia. Perché? Eppure, me ne sto accorgendo nelle presentazioni di questo periodo (ove racconto la mia esperienza di questi 20 anni e il nuovo disco), c’è molta gente curiosa, interessata che avrebbe voglia di saperne di più su questo genere, chi sono i suoi protagonisti di ieri e di oggi, quali sono stati i suoi sviluppi… Nonostante ciò nulla di nulla muta. Non so e, ripeto, continuo a non darmi una spiegazione.

Il tuo tour partirà da Milano e poi si sposterà in Europa, per le stesse ragioni di cui si parla sopra. In quale stato riesci a trovare un pubblico più coinvolto? Qual è la nazione “più prog” d’Europa secondo te?
Tra quelle che ho visitato direi sicuramente il Belgio, ove c’è una voglia continua di organizzare situazioni concertistiche e c’è un ottimo mercato. Quest’anno inoltre visiterò per la prima volta l’Olanda ove sembra anche lì esserci molto “movimento”. Forse è questa la nazione Europea ove realizzo il massimo delle vendite quindi sono doppiamente felice di suonarvi.

Definite il tuo lavoro sempre e solo “prog” è quanto più limitante, le influenze e i rimandi sono tantissimi: cosa sono le cose che ti hanno condizionato di più in questi vent’anni di esperienza?
La mia musica è “progressiva” nel senso che cerca di andare oltre le barriere imposte dalla classica song di tre minuti e si avventura in terreni ove trovano spazio riferimenti alla musica classica, al jazz, all’elettronica, al post-rock, psichedelia e molte altre cose. Il mix di tutto ciò crea il prodotto finale che è allo stesso tempo un miscuglio di tutto questo e una qualcosa a se stante, un “genere sopra i generi” al quale sono sempre felice di lavorare perché è bellissimo espandere le idee in molte direzioni e cercare in questo magma indistinto una musica che riveli sempre nuovi dettagli a ogni ascolto. Almeno questo è ciò che il buon progressive suscita in me e che spero di suscitare con la mia musica. Non sono attaccato all’idea di un prog sempre e solo legato agli anni Settanta. Molte influenze vengono da lì, inutile negarlo, ma allo stesso tempo cerco di inserire nel calderone quelli che sono i miei gusti e influenze attuali per creare un musica che non sia schiava dei tempi passati ma che sia realmente “in progressione”.

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L’album è basato sul libro “Lo Specchio nello Specchio”, una raccolta di trenta racconti che vengono spesso definiti come apparentemente scollegati l’uno dall’altro; si dice sia difficile trovare un filo comune, una chiave di interpretazione. Tu credi di averla trovata?
Si e no. Credo a volte di averla intravista, e so di per certo che esiste. Ma se dovessi dire di cosa si tratta non saprei spiegarlo.

Anche nelle tue sette tracce c’è una chiave di lettura? Credi sia fondamentale trovarla per godersi l’album o ci possono essere livelli più semplici di interpretazione del disco?
Credo che il grande fascino del prog (e forse anche la cosa che più lo allontana dagli ascoltatori “normali”) stia proprio nel fatto che le cose te le devi andare a cercare. Se guardi ad esempio la copertina del mio disco di primo acchito potrebbe sembrarti una tavolozza indistinta di colori ove si capisce poco. Se ti fermi a quell’impressione lasci perdere subito. Se invece hai la pazienza di guardare bene ti accorgerei che è una fotografia, che c’è un uomo con una pistola in mano e sul retro un corpo disteso a terra. Che l’erba in prima piano è nitidissima ma il tutto si fa via via più sfuocato man mano che si va in profondità. Così è la musica, o hai la pazienza di ascoltare con attenzione e cercare di penetrarla o rimarrà sempre alle tue orecchie un qualcosa di impenetrabile e confuso. Qualcuno potrebbe dire che il prog non piace a molti proprio perché tanti non hanno la pazienza di impegnarsi e andare oltre la prima impressione. Ma io ribatto dicendo che se così non fosse e il prog spiattellasse già tutti i significati belli pronti, come moltissimi altri generi fanno, perderebbe tutto il suo fasciano. Quindi forse con questo ragionamento mi sono dato da solo la risposta al tuo primo quesito :)

Qualcuno inizia a fare musica puntando all’estero, qualcuno alla fama nazionale. Tu, che mescoli italiano e inglese, quando hai cominciato, ti vedevi arrivare da qualche parte? Puoi dichiararti soddisfatto per ora?
Quando ho iniziato non avrei mai pensato di arrivare dove sono arrivato. Adoravo il prog e potere fare parte della scena – che proprio quando ho realizzato il mio primo disco coi Finisterre (1994) stava un minimo rinascendo – mi sembrava già una cosa incredibile. Poi col tempo, con tanti gruppi, progetti, dischi, concerti ed esperienze mi sono ritrovato improvvisamente 20 anni dopo a essere considerato uno dei compositori “giovani” più importanti di questa nuova scena progressive. Cosa che mi fa un immenso piacere ma che nasconde un’abnegazione, un lavoro e un sacrificio da molti punti di vista che credo in pochi sarebbero stati in grado di affrontare. Bada bene, non dico tutto ciò per vantarmi o darmi dei meriti superiori a quella che è la realtà ma semplicemente perché so quanto ho dovuto sudare per conquistarmi il piccolissimo posto al solo che mi sono conquistato. E che in realtà non è nulla perché in Italia sono considerato meno dell’ultimo fenomeno indie passeggero. Per il fortuna però il mondo non è solo l’Italia, anche se non ti nascondo che il fatto di non potere trovare un riconoscimento oltre la stretta cerchia degli appassionati nel mio paese mi frustra. Detto ciò io sono una persona che non si perde facilmente d’animo e a cui piacciono le sfide, quindi l’obiettivo per i prossimi anni, oltre a proporre musica che spero possa essere considerata valida, sarà quello di cercare di scardinare un minimo vizi e mentalità errate nei confronti di questo genere. Certo, non potrò fare impegnare in un ascolto profondo chi predilige cose più immediate, ma sono sicuro che là fuori c’è un ampio numero di persone che possiede tutte le caratteristiche per apprezzare musica come la mia e di altri come me. Quindi non resta che rimettersi al lavoro!

Molti anni di esperienza, molti gruppi passati: qualche episodio particolare da ricordare? Qualche live, qualche disco, qualche persona?
I pezzi del puzzle sono talmente tanti che sarebbe difficile fare una classifica e segnalare cose, persone o fatti più importanti di altri. Diciamo che tutta questa grande esperienza mi ha arricchito e mi ha portato a essere quello che sono, a livello umano e musicale. Ringrazio quindi musicisti, collaboratori, amici, concerti e pubblico per avermi consentito di vivere appassionatamente questi anni di musica e avermi fatto superare molti momenti difficili. La vera sfida a mio avvio arriva ora, per consolidare e portare un gradino oltre questo grande lavoro.

A parte il tour, qualcosa in serbo per il futuro? Procederai sulla strada solista o continuerai a collaborare con più progetti come hai sempre fatto?
La mia idea è quella di essere concentrato al massimo sulla mia strada solista, poi non credo che le divagazioni mancheranno. Al momento ad esempio sono impegnato con il lavoro su un musical basato sul film “L’attimo fuggente” e su alcune produzioni esterne. Ma si tratta di piacevoli diversivi, la cosa importate come dicevo è continuare a esprimermi a mio nome sulle cose che verranno.

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